Tante volte, nel corso della nostra vita, ci adeguiamo ai desideri, alla volontà e alle convinzioni degli altri. Tante volte scegliamo la strada più consueta, adattandoci alle indicazioni altrui, anche se dentro di noi sentiamo che dovremmo agire diversamente. Perché lo facciamo? Perché diamo troppo peso a certi modelli, a determinati obiettivi e progetti, perdendo di vista quello che abbiamo di più sacro: la nostra unicità.
“Quando mai si pretenderebbe da un cigno una delle prove destinate al leone? In che modo un brano del destino di un pesce si inserirebbe nel mondo del pipistrello? Pertanto fin da bambino credo di aver pregato soltanto per la mia difficoltà, che mi fosse concessa la mia e non, per errore, quella del falegname, o del cocchiere, o del soldato, perché nella mia difficoltà voglio riconoscermi.” [Rainer Maria Rilke]
Sublime citazione di Rilke, scrittore austriaco (1875-1926), di cui desidero mettervi all’attenzione.
Ogni essere umano è un essere unico, speciale, irripetibile. Persino i gemelli omozigoti, apparentemente identici, hanno lo stesso DNA, ma non le stesse impronte digitali e quindi almeno in questo differiscono. Ogni essere umano, ha caratteristiche uniche, predisposizioni uniche, difficoltà peculiari uniche, che lo rendono differente da qualsiasi altro essere sulla faccia della terra. Rilke disse di avere pregato, fin da bambino, soltanto per la sua difficoltà, perché unicamente nella sua difficoltà egli voleva riconoscersi.
Quando mai si pretenderebbe infatti da un cigno una delle prove destinate al leone? Credo che Rilke volesse dire che ogni animale, ogni specie, compreso l’essere umano, differisce da ogni altro. Pertanto non potrebbe fare sue le difficoltà attribuite o “destinate” ad altri. Essere unico, irripetibile, speciale per un essere umano non riguarda solo sue virtù o qualità, ma anche le sue difficoltà o punti di debolezza. Ed essendo la criticità di ognuno a suo modo difficile, ecco che Rilke prega affinché gli siano elargite solo le difficoltà a lui destinate, e che lui stesso può superare, e non difficoltà di altri che forse egli non sarebbe in grado di valicare.
Quasi a sottintendere che l’uomo non può esistere senza difficoltà, e che il suo cammino non può essere scevro da criticità, salite, asperità che sono sue e soltanto sue, uniche come unico è l’essere umano che dimora in lui. Potrebbe essere che Rilke volesse non solo riconoscersi attraverso la sua difficoltà, ma volesse affrontare solamente la sua e non quella di altri, in quanto è tanto difficile stare in questo mondo e altrettanto impegnativo superare il proprio limite, tanto da non voler far suo alcun limite che appartenesse ad altri.