Dal cuore della notte, alle prime luci dell’alba, l’odore dolciastro proveniente da remoti forni del centro o della periferia di Roma, richiama l’attenzione dei giovani dopo notti in discoteca o di lavoratori mattinieri. Entrando in un bar, in un forno o in una pasticceria, nella teglia calda e profumata tra orde di lieviti trasudanti di dolci condimenti, si impone come re del mattino lui: il maritozzo!
Il re di tutti i lieviti da bar, si innalza superbo sul vassoio come un re sul suo trono. Colmo di panna trasbordante, a volte arricchito con zucchero e cacao, altre con pistacchi, nutella o frutti di bosco.
Nell’invitante vetrina di pasticceria, il Maritozzo, nel suo elegante aspetto, occupa un posto a parte. Distante da ciambelle, cornetti, bombe, più vicino alle eleganti paste ricoperte di panna, frutti e cioccolato.
I romani lo conoscono bene, soprattutto al mattino presto, prima di andare a lavorare. Al bar cappuccino e maritozzo erano, e sono ancora, parte integrante della colazione dei romani più tradizionali.
Quanti cambiamenti ha avuto il nostro dolce questo dolce nei secoli!
Certo un po’ soppiantato dal più celebre cornetto, tuttavia lui resta e resterà il re dei dolci romani.
Festeggiato nel Maritozzo day, esposto nelle più celebri varianti da una regione all’altra, resta sempre legato alla città natale: Roma.
Abbiamo il maritozzo marchigiano, esportato da Roma nel corso dell’Ottocento, dalla forma allungata e ripiena di panna e uvetta.
Il Maritozzo dalla forma a treccia e coperto di zucchero a velo in Puglia. A treccia e a forma di panino ripieno di cioccolato in Sicilia.
Ogni Regione ha apportato alcune varianti al celebre dolce romano. Nonostante tutte le differenze regionali, il maritozzo è sempre lui “er core de Roma”.
Come nasce il maritozzo? da dove deriva questo “strano” nome?
Nell’ antichità, le donne romane preparavano semplici pagnottelle con: farina, uova, olio o strutto e sale, a cui aggiungevano uvetta e miele. Un pasto energetico che serviva agli uomini per i duri lavori nei campi.
Nel Medioevo il Maritozzo divenne l’unico dolce consentito durante la Quaresima. Da allungata la forma divenne più piccola e tonda, furono aggiunti: canditi, scorzette d’arance e pinoli.
Per questo motivo il celebre dolce fu detto “Santo Maritozzo“.
Consuetudine culinaria che attraversò i secoli, tantoché, il poeta romano Giuseppe Gioacchino Belli, nel sonetto intitolato Quaresima, scrive:
“Come io nun zò cristiano! Io fo la spesa,
oggni ggiorno der zanto maritozzo.
Io nun cenavo mai, e mmó mme strozzo
pe mmaggnà ott’oncia come vò la cchiesa.”
Sono sempre i poeti romani come Giggi Zanazzo ed il già citato Belli a raccontarci come il Maritozzo fosse un pegno d’amore.
I giovani romani presero l’usanza di nascondere, nella panna del dolce, un oggetto d’oro: anello, orecchini, prima di donarlo alle loro fidanzate. Da qui nasce il nome di “maritozzo“, ossia dono del futuro marito alla promessa sposa.
Nel corso del tempo, il nostro dolce ha subito variazioni e modifiche. Scomparsa l’uvetta, compare la cioccolata, la nutella o la crema pasticcera, i frutti di bosco e le fragole, Versione variegate e rielaborate dai pasticceri più audaci.
Cosa dire della versione salata?
Proposti come antipasti in alcune celebri versioni, i maritozzi vengono farciti di crudo e burrata, bollito e salsa verde, insalata di pollo, broccoli e salsiccia, ricotta, pesto e pomodoro, nei casi più audaci è aggiunto anche il baccalà.
E per celiaci, vegetariani e vegani? Niente paura, sono state rielaborate nuove versioni proprio per queste nuove tipologie di clienti.
Ancora una volta: signori il “maritozzo è servito”. E ce n’è per tutti…
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