“Di nuovo nella Bentley e in un attimo fummo all’altezza dell’Hôtel de Ville, poi giù per Rue de Rivoli, superammo le Jardin des Tuileries e poi ancora su per gli Champs Èlysées. Prima che ci fermassimo riconobbi la via: Avenue George V, la via del Crazy Horse.
Quella strada era stata una frequentazione obbligata nei primi anni in cui si veniva a Parigi con Bruno.
Parigi significava una tappa forzata al Crazy Horse, e poi, in albergo, la sciatta conclusione della serata con un Bruno esaltato dallo champagne che mi saltava addosso per scaricarmi in corpo un godimento rapido e confusionario. Ora la Bentley rallentò davanti a un palazzo direi quasi normale. Il portone si aprì lasciando passare la macchina, che si fermò in un vasto atrio interno.
Due persone vennero ad accoglierci, in compagnia di una donna che sembrava aspettare istruzioni. Mme Gattermayer infatti le diede alcuni ordini, e la donna ci fece capire di seguirla con gentilissimi gesti del capo.
Mi fu subito chiaro che l’intero edificio affacciato su quel cortile era di proprietà di Mme Carestia Gattermayer.
Appena entrati intravidi attraverso una porta socchiusa una sorta di palestra, di fianco alla porta partiva uno scalone che saliva per tutti e tre i piani sui quali si sviluppava l’abitazione della mia maîtresse.
Stanze, saloni, bagni, studi privati, tutto era così vasto che mi risultava difficile immaginare se ci fosse o meno una semplice e banale… cucina, magari con annesso disimpegno.
In via dei Monti Parioli mi ero sempre ritenuta quasi al vertice della piramide sociale. Un condominio ricco in una delle zone più benestanti di Roma e io dall’attico e superattico potevo ammirarne l’orizzonte, ma qui, a Parigi, in casa di Mme Gattermayer, era tutto semplicemente aristocratico.
Un’opulenza mai ostentata, anzi quasi nascosta, resa semplice, disarmante, e proprio per questo inarrivabile.
Che tristezza ripensare agli anni trascorsi nella cialtroneria che mi aveva invaso fino a corrodermi.
Non si trattava solo di Bruno, ero io stessa che avevo dato il mio corpo e la mia testa a una invasione virale che mi aveva contaminato.
Ma adesso che ero una escort mi sentivo finalmente pulita.
Qui a Parigi ero la micina servizievole di Mme Carestia Gattermayer e mi ero prestata e mi prestavo a un gioco che poteva sembrare degradante e invece mi faceva sentire limpida come un cristallo. E il tinnire della mia felicità, mentre attraversavo compiaciuta il lusso di quelle stanze, doveva risuonare ben oltre i limiti della disponibilità che avevo dimostrato.”
Le pillole sono illustrate da Nadia La Moretti di Lamorettillustration