Alla Galleria Corsini di Roma, fino al 19 aprile 2022 è possibile visitare la mostra:“Plautilla Bricci pittrice ed architettrice. Una rivoluzione silenziosa”. È la prima esposizione dedicata alla donna che nel Seicento barocco romano ebbe la possibilità di eccellere nel campo dell’architettura. Lei stessa si definì “architettrice” nel capitolato della Villa Benedetta alle pendici del Gianicolo che progettò sul finire del 1663. Alla Galleria Corsini sono esposte le tele dell’artista e i disegni architettonici.
Plautilla Bricci
Né moglie, né madre ma artista. Plautilla Bricci (Roma, 13 agosto 1616- Roma, 13 dicembre 1705) ebbe una vita silenziosa, tra le mura domestiche della casa di famiglia con i genitori e i fratelli. Figlia di Giovanni Bricci, artista poliedrico che scriveva opere teatrali, si dilettava di musica, era matematico e dipingeva. Si definiva pittore anche se i suoi lavori si limitavano alle illustrazioni di opuscoli o disegni di stemmi e stendardi. Da lui Plautilla, come molte altre pittrici del suo tempo imparò i primi rudimenti del disegno e della pittura. Giovanni Bricci era amico di un famoso artista dell’epoca, il Cavalier d’Arpino. Non è escluso che la giovane Plautilla abbia frequentato lo studio di quell’esimio pittore, intimo della famiglia e vicino di casa.
La prima opera autografa
La prima opera di Plautilla di cui si abbia notizia è l’icona miracolosa della Chiesa di Santa Maria in Montesanto in Piazza del Popolo a Roma. Grazie ad un restauro del 2016 finanziato da Lucia Magni, moglie del regista Luigi Magni, la tela dipinta ad olio è stata riportata al suo antico splendore. Il lavoro ha permesso di ritrovare sul retro del pannello ligneo su cui era inchiodata la tela, la firma della pittrice Plautilla Bricci ed uno scritto autografo dei Padri Carmelitani che conferma l’origine e la storia del dipinto miracoloso.
Il manoscritto sul retro del pannello ligneo riportava le seguenti parole: “La presente immagine dipinta circa nell’anno 1640, da Plautilla Bricci romana zitella che come essa testificò ai nostri padri, essendosi sbagliata nell’ombreggiatura di alcune parti della faccia della Madonna per non aver mai dipinto grande, la trovò miracolosamente perfettionata”.
Il voto di castità seguito all’evento eccezionale del completamento acheropita del dipinto, risparmiò a Plautilla gli oneri di un matrimonio combinato e i rischi legati alle gravidanze, garantendole una certa libertà. Ciò le permise di emanciparsi nella professione e le evitò di entrare in convento, (scelta quasi obbligata al tempo alle donne senza marito).
Elpidio Benedetti
Nei successivi vent’anni non si hanno notizie della produzione artistica della nostra artista che godette invece di una certa fama negli anni Sessanta del Seicento. Probabilmente la sua ascesa nel panorama dell’arte romana fu dovuta all’incontro con il potente abate Elpidio Benedetti (1609-1690). Importante si rivelò anche la sorella di lui Flavia (1597-1676), pittrice dilettante e religiosa carmelitana nel Convento di San Giuseppe con il nome di Maria Eufrasia Benedetti della Croce.
L’abate era uomo di grande fama ed era anch’egli esperto di disegno ed architetto dilettante. Fu al servizio del cardinale Mazzarino, mediatore dei rapporti tra Roma e la Francia. Il cardinale si fidava dei servigi dell’abate per affari di carattere economico, legale ed anche per l’acquisto di opere d’arte. Elpidio Benedetti tra il 1663 e il 1667 si lanciò nella grande avventura della costruzione della sua villa a Roma, denominata Benedetta, fuori Porta San Pancrazio, alle pendici del Gianicolo. L’abate scelse Plautilla Bricci come architetto.
In alcuni documenti conservati all’Archivio di Stato si evince che “la casa deve essere costruita seguendo il progetto, con tre piani, fatto dalla signora Plautilla Bricci Architettrice, sia sulla fronte, sui lati e nella parte posteriore così come è nei disegni fatti da Plautilla, che sono stati dati a me (Benedetti) per accompagnare questo documento”.
La Villa il Vascello
I lavori per la Villa terminarono entro il 1667, secondo il progetto di Plautilla. La stessa è citata più volte come direttrice dei lavori e responsabile di tutte le variazioni in corso d’opera. Il nome dato alla costruzione era “Il Vascello”perché la sua forma ricordava quella di una nave sopra uno scoglio. Purtroppo i francesi, durante l’occupazione di Roma del 1849 distrussero completamente la villa. Rimane solo una parte della scogliera all’entrata di via di Porta San Pancrazio.
In mostra sono esposti i disegni dei progetti della villa dove si notano le influenze di elementi mutuati da Gian Lorenzo Bernini ma superati da soluzioni audaci e fiabesche. Il secondo piano, a forma di prua, presentava una loggia semicircolare a due torri. Ciò conferiva all’edificio un sapore pittoresco. Nel Settecento la Villa veniva definita “un gran vascello da guerra di cui rappresentava perfettamente tutte le parti esterne, che non vi mancavano che gli alberi e le vele”.
Resta un mistero capire la formazione e gli studi architettonici della nostra artista. La studiosa Consuelo Lollobrigida, nel suo libro sulla Bricci pubblicato nel 2017 ipotizza che Plautilla abbia frequentato la scuola di formazione per architetti di Cassiano dal Pozzo (Torino, 21 febbraio 1588- Roma, 22 dicembre 1657).
Nel suo palazzo, insieme al fratello Basilio, anch’egli divenuto architetto, potrebbe aver studiato e fatto pratica in quei lunghi vent’anni di cui non si hanno notizie sulla sua vita.
La Presentazione del Sacro cuore di Gesù all’Eterno Padre
La pubblica consacrazione di Plautilla nel campo della pittura giunse anch’essa negli anni Sessanta del Seicento, quando le fu commissionata la vasta lunetta con la Presentazione del Sacro Cuore di Gesù all’Eterno Padre per il complesso del Laterano.
Si tratta di una lunetta realizzata a tempera su tela e oggi conservata in Vaticano. La datazione dovrebbe collocarsi tra il 1669 e il 1674. L’autrice rivendica l’invenzione e l’esecuzione dell’opera accanto alla sua firma: “invenit et pinxit” sono le parole collocate sotto la gamba dell’angelo che regge il globo.
Meraviglioso ed intenso il volto dell’angelo rivolto verso lo spettatore. A lui, bellezza sublime e spirituale, Plautilla ha affidato il suo nome e la sua inventiva.
La cappella del re Santo Luigi IX in San Luigi dei Francesi
Tra il 1672 e il 1680, Plautilla Bricci ricevette un altro importantissimo incarico dovuto alla protezione dell’abate Elpidio Benedetti e alla famiglia Barberini: la progettazione e realizzazione della cappella dedicata al re Santo Luigi IX nella Chiesa di San Luigi dei Francesi a Roma. Plautilla disegnò la pianta e scelse i preziosi marmi policromi dell’altare. Curò tutti i dettagli e dipinse anche la pala con La Gloria di San Luigi IX. La cappella è un vero manifesto della cultura barocca dell’epoca, paragonabile alle fantastiche creazioni di Bernini e che trova nella pala con San Luigi la gloriosa rappresentazione della nazione francese.
Il re è in primo piano, nella mano destra ha lo scettro e nella sinistra tiene la croce, alle sue spalle soldati con la bandiera francese e quella dei crociati. Luigi è il difensore della fede con i crociati e il protettore dell’ortodossia cattolica contro l’avanzata protestante-calvinista. La scelta di affidare alla Bricci un lavoro così significativo per la Francia e i rapporti con il papato si può spiegare proprio con la mediazione dell’abate Benedetti.
Plautilla ricevette per questa commissione l’usufrutto di una casa ed emolumenti in denaro.
Lo “Stendardo Bellissimo”
Nell’anno del Giubileo del 1675, la Compagnia della Misericordia di Poggio Mirteto, paese natale dell’abate Benedetti, commissionò a Plautilla uno stendardo processionale, per celebrare la nascita e il martirio di San Giovanni Battista, protettore della Compagnia. Lo stendardo è quindi dipinto su due lati: da una parte la delicata nascita del Battista e dall’altro la morte del santo decapitato. Lo stendardo fu giudicato “bellissimo” da tutti i membri della Confraternita.
Ormai vicina ai sessant’anni, Plautilla è un’artista matura che riesce ad adeguare il suo linguaggio artistico alle innovazioni di stampo classicista che si andavano affermando nella cerchia dei pittori vicini all’abate.
Si nota l’influenza di Pietro da Cortona nei lineamenti della levatrice. Come quelle dei pittori più in voga dell’epoca come Francesco Romanelli e Andrea Sacchi. Il tutto rischiarato dai delicati toni pastello che conferiscono all’insieme una delicatezza evanescente.
La Madonna del Rosario
In mostra possiamo ammirare anche un altro capolavoro di Plautilla Bricci dipinto nel 1683. Si tratta della Madonna del Rosario dipinto per la Chiesa di Santa Maria Assunta sempre a Poggio Mirteto. È una pala dalla grande eleganza e raffinatezza attribuita dagli studiosi alla nostra artista nel 2014. Richiama un’altra Madonna del Rosario, opera di Francesco Romanelli con i Santi Domenico e Caterina. La pala costituisce dunque l’ultima opera nota di Plautilla ed esibisce il particolare cromatismo della pittrice, i toni pastello e la veste azzurra e rosacea di Maria. Abito simile per gamma cromatica a quello indossato dalla Vergine nella Nascita del Battista dello Stendardo di Poggio Mirteto.
Le rose tenute in mano dai putti della corona del Rosario sono simili a quelle della corona di fiori dipinte nella pala della Gloria di San Luigi. Il riconoscimento di una sua pala in questa chiesa potrebbe anche indurci a pensare che la Bricci abbia partecipato al progetto della decorazione degli stucchi delle cupole della chiesa che dimostrano molte affinità con gli stucchi della cappella del re Santo in San Luigi dei Francesi.
L’architettrice
Plautilla lasciò questa vita nel 1705. Nel 1692 era morto il fratello Basilio. Nel 1690 era scomparso il suo amico, mentore e protettore Elpidio Benedetti. L’artista non si sposò mai e alla morte del fratello entrò nel Monastero di Santa Margherita a Trastevere. Il libro dei morti del 13 dicembre 1705 la cita come “Plautilla signora romana”.
Una figura di donna ancora da scoprire e da studiare. Grazie anche all’interessante libro di Melania Mazzucco del 2019 che ha scritto “L’architettrice”, una biografia romanzata ma ricchissima di dettagli e fonti storiche, gli studi su questo personaggio si stanno arricchendo di nuove scoperte. Artista tra il Classicismo e il Barocco, il suo successo è dovuto anche a nuove condizioni economiche e storiche che venivano d’oltralpe.
Ė la storia di una donna protagonista, svincolata da legami maschili che avrebbero potuto confinarla in un ruolo definito. Donna la cui rivoluzione è avvenuta senza clamori, silenziosa, come dice il titolo della mostra alla Galleria Corsini. Visse del suo lavoro ed ebbe anche discrete soddisfazioni economiche. Seppe affermarsi in un settore, quello dell’architettura, precluso al mondo femminile. Prima “architettrice” e donna libera.
Il ritratto
Il ritratto scelto dai curatori della mostra per introdurre il personaggio, attribuito ad un pittore attivo a Roma nel terzo quarto del XVII secolo e intitolato L’architettrice, potrebbe veramente essere un ritratto di Plautilla Bricci. Anche per l’assenza di donne che a quel tempo eccellevano nella professione. Si tratta di una persona reale, non di un’allegoria come è stato spesso interpretato. L’abbigliamento con la scollatura della veste di velluto bordata da nastrini rossi che scopre le spalle, il corpetto a “v”, l’acconciatura con due ampie ciocche di capelli ricci raccolti all’indietro sopra la fronte, indicano una collocazione del ritratto attorno al 1660-65 circa. Un ritratto di Plautilla che potrebbe essere riferito agli esordi della sua attività di architettrice, quindi attorno al 1663, quando all’età di 47 anni iniziò ad occuparsi di Villa Benedetta.
L’autore del ritratto dovrebbe essere Antonio Gherardi, della stessa origine sabina dell’abate Elpidio Benedetti e che eseguì una pala d’altare nella Chiesa dell Assunta di Poggio Mirteto dove si trova la Madonna del Rosario di Plautilla.
Il volto è fortemente caratterizzato: l’ovale largo su cui spicca il naso affilato e i grandi occhi espressivi. Non vi è idealizzazione ma realismo, accentuato dal compasso, strumento principe del disegno architettonico.
L’architettrice Plautilla Bricci volge il suo sguardo verso di noi, fiera e volitiva, senza indulgere in frivolezze superflue, come doveva essere la sua attitudine alla vita e al lavoro: seria e rigorosa, animata dalla dedizione all’arte e allo studio.
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