Stiamo parlando del “MOMA” Museum of Modern Art a New York, la più grande galleria di arte moderna degli Stati Uniti. Da venerdì 3 febbraio sono state esposte in modo permanente al quinto piano del museo alcune opere di artisti provenienti dai paesi colpiti dal nuovo decreto presidenziale, che vieta l’ingresso in America di stranieri provenienti da Siria, Libia, Iran, Iraq, Somalia, Sudan e Yemen. Alla base di questa discriminazione c’è la paura del diverso e l’attaccamento morboso alla propria identità (oltre ai soliti motivi politici ed economici).
Ed è per questo motivo che il museo ha risposto con le proprie armi a questo insensato provvedimento: ha sostituito opere di Picasso e di Kirchner con un dipinto di Zaha Hadid su Honk Kong, con “Il profeta” dell’ iraniano Parviz Tanavoli e con una tela di Ibrahim el-Salahi, solo per citarne alcuni.
Tutte le opere sono state inserite in armonia con il contesto tematico della sala, come ad esempio l’ affiancamento dell’arte iraniana di Charles Hossein Zanderoudi e di Matisse, grazie ad esperti curatori della mostra che hanno lavorato notte e giorno per questo progetto.
A fianco di tutti questi lavori si trova una didascalia su cui è spiegato il motivo della loro esposizione: integrare idealmente tutte quelle culture escluse e ghettizzate dal nuovo presidente e dai suoi elettori per riscoprirne i valori artistici e culturali. Per unire, non per dividere. Tutto all’insegna dell’ arte e della non violenza.
Altre associazioni culturali si stanno organizzando per denunciare tacitamente i provvedimenti presidenziali sperando di poter far leva sull’ opinione pubblica e arginare questa follia discriminatrice.