Scalpiti all’idea di andare in vacanza dopo mesi di quarantena? Ami le mete esotiche e la letteratura italiana del ‘900? Allora non dimenticare di infilare nel borsone da viaggio anche Collezione di sabbia, il libro ideale per chi ha sete di itinerari.
Il percorso conoscitivo di Calvino in Collezione di sabbia
Roma, Tokyo, Parigi, Oaxaca: ecco alcune delle tappe di questo intramontabile classico di Italo Calvino. Al centro dell’opera c’è il tema del viaggio: esso collega tutti gli episodi della raccolta, divenendo protagonista assoluto delle riflessioni dell’autore.
Tramite l’esplorazione dei luoghi, infatti, lo scrittore si imbarca in una straordinaria avventura conoscitiva. Durante il cammino, egli apprende che il mondo non può essere conosciuto a pieno e che esso si sfalderà sempre in una molteplicità infinita di granelli di sabbia.
L’immagine martellante della sabbia, pervasiva nel testo, corrisponde a una frantumazione del sapere: la realtà è un pulviscolo di particelle che si possono collezionare e disporre sugli scaffali della memoria, ma nella consapevolezza che si sta tesaurizzando il nulla.
Ad esempio, durante il viaggio in Iran, il mihrab diventa il simbolo del percorso conoscitivo dello scrittore e del vuoto esistenziale da lui provato:
Il mihrab è la nicchia che nelle moschee indica la direzione della Mecca. Ogni volta che visito una moschea, mi fermo davanti al mihrab e non mi stanco di guardarlo. Quello che m’attira è l’idea d’una porta che fa di tutto per mettere in vista la sua funzione di porta ma che non s’apre su nulla; l’idea d’una cornice lussuosa come per racchiudere qualcosa d’estremamente prezioso, ma dietro alla quale non c’è niente.
Lo scrittore-nomade di Collezione di sabbia
Che tipo di viaggiatore è, in definitiva, l’autore di Collezione di sabbia? Calvino si comporta come un nomade e a suggericelo sembrerebbe lui stesso nel finale dell’opera:
Solo un pensiero mi fa sentire a mio agio: i tappeti. È nella tessitura dei tappeti che i nomadi depositano la loro sapienza: oggetti variegati e leggeri che si stendono sul nudo suolo dovunque ci si ferma a passare la notte e si arrotolano al mattino per portarli via con sé insieme a tutti i propri averi sulla gobba dei cammelli.
Nel passo sopra citato, l’immagine dei tappeti si lega etimologicamente al concetto di testo, sostantivo che deriva non a caso dal latino textus (ossia tessuto).
La metafora designerebbe, dunque, la scrittura come inseparabile compagna di viaggio dello scrittore: il nomade si sposta continuamente portando sempre con sé i propri tappeti; allo stesso modo, Calvino va in pellegrinaggio per i luoghi mai dimentico della sua penna.
Una letteratura che trasfigura i luoghi
Lo scrittore-nomade si mette in viaggio per riattivare la propria visione del mondo, ma si scontra con una realtà muta e riluttante.
Il reale resta inconoscibile e allora l’autore lo riplasma alla luce della “propria geografia interiore”: egli filtra i paesaggi attraverso la scrittura e completa una personale mappa dei luoghi, regalandola al lettore quasi come un souvenir di viaggio.
Davanti all’impossibilità di conoscere il mondo, Calvino dà vita a un universo letterario dentro al quale i biliardini giapponesi di Tokyo sembrano “metallici giardini d’una assorta concentrazione individuale”.
La fervida immaginazione dello scrittore-nomade conferisce un volto del tutto peculiare ai racconti di Collezione di sabbia, che si conferma essere uno dei manifesti più originali e acuti del postmodernismo italiano.
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