“Benvenuti!”, o forse sarebbe meglio aggiungere anche “Welcome” e “Bienvenidos”. Sì, perchè la famiglia Pozzo, proprietaria dell’Udinese Calcio dal 1986, non parla solo l’italiano, ma con il passare degli anni ha imparato anche lo spagnolo, rilevando il Granada Club de Futbol nel 2009, e l’inglese attraverso l’acquisto del Watford Football Club nel 2012. Tre società attualmente militanti nelle più alte categorie nazionali, ma la strada che ha portato a questo successo non è stata così semplice.
Giampaolo Pozzo assunse il controllo delle tre squadre mentre versavano in situazioni di estrema difficoltà finanziaria, con l’obiettivo di risollevare le sorti economiche, ma soprattutto calcistiche di tali club. L’Udinese fu acquisita mentre militava in Serie B, il Granada quando si trovava in Tercera Division (l’equivalente della Serie C italiana, nota come Lega Pro) ed infine il Watford quando disputava la Serie B inglese, la Championship. Attraverso una serie di investimenti oculati, grazie anche ad una vastissima rete di osservatori sparsi in tutto il mondo, la famiglia Pozzo è riuscita ad acquistare nel corso degli anni calciatori semisconosciuti o comunque non considerati top player, valorizzandoli e cedendoli successivamente per cifre decisamente elevate. Il nucleo operativo centrale è sempre stato il Friuli ed oggi è ancora così: l’attuale ds Cristiano Giaretta (che ha sostituito Fabrizio Larini nel 2013) è il punto di riferimento del mercato friulano. La mentalità è molto semplice: far giungere in Italia ragazzi giovani da campionati poco conosciuti (Nigeria e Ghana) o con meno appeal (Brasile, Argentina, Cile, Finlandia, Svezia), testarli sei mesi/un anno in Italia per apprezzarne potenziale e capacità di adattamento, ed in seguito girarli in prestito a società di tutta Europa per permettere loro di perfezionarsi nella tecnica e nello stile calcistico, possibilità che non sarebbero le stesse se si trovassero in panchina o peggio in tribuna con l’Udinese ogni domenica. I ritorni dai prestiti presuppongono altri prestiti, o permanenze in Italia se il tasso tecnico soddisfa davvero la società. Le cessioni a titolo definitivo sono rare, ma quando si verificano i prezzi sono salatissimi per le acquirenti.
Nella classifica delle cessioni più care della Bottega Udinese, troviamo al primo posto l’attaccante brasiliano Marcio Amoroso ceduto al Parma nella stagione 1999/2000 per un totale di 28 mln di €. Trasferimento azzeccato per la società friulana visto lo scarso rendimento del giocatore nella squadra emiliana (solo 11 reti in due stagioni). Al secondo posto spunta Alexis Sanchez, pagato poco più di 3 mln di € e rivenduto al Barcellona a 26 mln di € (praticamente il prezzo dei lavori di ricostruzione del nuovo Stadio Friuli). Chiude il podio Stefano Fiore, venduto alla Lazio nella stagione 2001/2002 per 25 mln di €. Proseguendo l’analisi di questa lista, compaiono le cessioni di Cuadrado (20 mln dalla Fiorentina), Quagliarella e Inler (36 mln in totale dal Napoli), Asamoah, Pereyra e Isla (45 mln complessivi dalla Juventus), Benatia (13 mln dalla Roma), lo storico Bierhoff (12,50 mln dal Milan), Pizarro e Handanovic (24 mln dall’Inter), senza dimenticare i 12 mln appena versati dal Napoli per Allan e gli 11 dalla Sampdoria per l’acquisto di Muriel nella finestra di mercato di gennaio 2015. I nomi sono tantissimi, da Candreva a Iaquinta passando per Zapata, Muntari, Pepe, Jankulovski, e le plusvalenze elevatissime. Il segreto sta nella programmazione e nella volontà di non fermarsi mai, prendendo anche spunto da altri modelli vincenti. L’Udinese ha saputo fare questo, i risultati in campionato le hanno dato ragione, i fondi trovati hanno permesso alla proprietà di investire ancora per far crescere il brand Udinese. Tralasciando la passata stagione dove l’Udinese ha concluso 16esima, negli anni precedenti la società friulana ha avuto la fortuna di disputare l’Europa League ed i preliminari di Champions.
Nella sua bacheca non ci saranno scudetti o coppe Italia, ma l’Udinese e i Pozzo su tutti hanno sicuramente compreso come valorizzare chi si trova ad inizio carriera o anche solo chi è in cerca di riscatto. La bottega è e resterà cara, fino a quando ci saranno società disposte a pagare i milioni richiesti per i gioiellini bianconeri. I Pozzo hanno importato in Italia un sistema che dovrebbe essere seguito anche da altri club con discreta disponibilità economica, ma i rischi di un fallimento di progetto sono dietro l’angolo. Con l’Udinese ha funzionato a meraviglia e ci si augura che continui così, nel frattempo siamo quasi a fine mercato e giocatori quali Widmer ed Hertaux sembrano essere finiti con prepotenza sulla “lista della spesa” di alcuni club. Vedremo se la bottega deciderà di venderli o di trattenerli in Friuli, ciò che è certo è che, se partiranno, non lo faranno per pochi spiccioli.