Il poeta filosofo siriano Abu al ‘Ala al Ma‘arry (973 – 1058 d.C.) è una figura intellettuale di primissimo piano nell’ambito della letteratura araba, la cui produzione poetica e prosastica rappresenta la prova indiscutibile del suo genio letterario. Esistono diversi aspetti da considerare per comprendere nel modo più esaustivo possibile la singolarità e l’originalità del poeta siriano : il contesto storico – culturale in cui egli visse, quello biografico, i risultati eccellenti conseguiti nel campo della metrica e della prosodia, l’interesse suscitato per alcune attinenze con Dante Alighieri, senza tralasciare la portata filosofica delle sue opere e di una in particolare, le Luzumiyyat. In questo articolo, intendo concentrare l’attenzione su alcuni concetti filosofici cardine che emergono dalla raccolta poetica delle Luzumiyyat, che talvolta dal mio punto vista fungono da veri e propri punti di riferimento da tenere presente nella nostra condotta etica. Oltre ad avvalermi degli studi condotti da orientalisti illustri come Reynold Alleyne Nicholson e Lorenz Matthias Nigst, cercherò di elaborare alcune osservazioni personali, che sono state il frutto del mio studio individuale che ho condotto sulle Luzumiyyat, i cui due volumi conservo gelosamente dopo averli acquistati a Damasco nel 2005. La traduzione parziale di alcuni frammenti in italiano mi ha permesso di individuare aspetti nuovi e mai riscontrati nei libri di letteratura e altre fonti da cui ho attinto informazioni per i miei studi. Prima di iniziare con la parte squisitamente filosofica dell’articolo, ritengo necessario fornire un quadro sintetico sul contesto storico – culturale in cui Al Ma‘arry visse e sulla sua biografia, senza i quali non sarebbe possibile comprendere appieno la grandezza di questo genio letterario.
Abu al ‘Ala al Ma‘arry nacque nel 973 d.C. a Ma‘arrat Nu‘man, città della Siria occidentale situata tra Aleppo e Hama, dove morí nel 1058. Egli visse durante il periodo della dinastia califfale degli Abbasidi (750 – 1253 d.C.), contraddistinto da una rinascita culturale e letteraria riguardante tanto la poesia quanto la prosa e testimoniata dall’ingente quantità di testi recuperati, commentati e tradotti da diverse lingue, tra cui il greco, il persiano e il cinese. Nel periodo abbaside si attesta una diffusione della conoscenza, resa possibile dall’intensa attivitá di traduzione di opere appartenenti a diverse branche del sapere, tra cui l’alchimia, l’aritmetica, la logica, la filosofia, la geometria e l’astronomia. La qualificazione del periodo abbaside quale epoca d’oro (‘asr dhahbiyy) della letteratura araba é giustificata dalla presenza di personalitá di enorme rilievo che si distinsero per la loro poliedricitá culturale e la loro attivitá intellettuale.
Essendo stato colpito da vaiolo all’etá di quattro anni, Abu al ‘Ala perde l’uso della vista ma riesce a sopperire a tale difetto fisico, grazie a una memoria straordinaria che assume dimensioni fantastiche in alcune biografie dello scrittore. Tra i suoi maggiori biografi si distingue Ibn al ‘Adim il quale mette in evidenza alcuni tratti caratteristici di Al Ma‘arry, tra cui un pensiero altamente originale e una profonda capacitá di introspezione. Abu al ‘Ala intraprende l’attivitá di poeta all’etá di undici anni e completa la sua formazione religiosa, linguistica e letteraria, sotto la guida di diversi maestri, in primo luogo di Ma‘arra e Aleppo. Tra il 1008 e il 1010 lo scrittore trascorre diciotto mesi a Baghdad, polo scientifico e culturale oltre che capitale dell’impero abbaside, dove ha modo di visitare le ricche biblioteche del posto e frequentare i numerosi scienziati ed eruditi giunti nella capitale abbaside. Nella fase finale della sua vita, la sua abitazione diviene luogo di frequenti visite da parte di studiosi e allievi, intenti ad apprendere le nozioni di poesia e retorica dall’illustre maestro.
Il titolo originario della raccolta poetica delle Luzumiyyat è Luzum ma la yalzam che significa Obbligatorietà di ciò che non è necessario e allude all’osservanza di determinate regole metriche stabilite dal poeta ma che non sono prescritte. Rispetto alla raccolta poetica Saqt al-zand laddove Abu al ‘Ala esclude il preludio amoroso, nelle Luzumiyyat Al Ma‘arry sostituisce totalmente i temi classici della qasida araba con argomenti filosofici e teologici che rappresentano il fulcro del suo pensiero. Nella stessa opera é l’autore stesso a dichiarare di non essere intenzionato a trattare i temi comunemente considerati dalla poesia tradizionale, muovendo delle critiche accese nei confronti dei suoi colleghi contemporanei, accusati di “abbellire le loro poesie attraverso le bugie”. Per il poeta-filosofo siriano lo scopo della poesia deve essere la costante ricerca della veritá e per questo egli non si dimostra disposto ad accettare le regole previste dalla poesia ordinaria.
A piú riprese all’interno delle Luzumiyyat , Al Ma‘arry qualifica la corruzione del genere umano quale suo carattere intrinseco e originario. Difatti egli spiega come gli esseri umani “siano stati plasmati con la menzogna e l’arte dell’inganno”. Tale concetto viene splendidamente ed energicamente espresso dal poeta nella seguente citazione: “ come é stato creato il giorno bianco e la notte nera allo stesso modo gli esseri umani sono stati plasmati sulla corruzione”; la stessa idea viene ribadita in questo passaggio : “la condizione degli uomini ha indebolito la ragione, cosicchè vedono bianco il nero e viceversa; essi fanno tutto tranne quello che sostengono, invitano alla compassione e versano sangue, fanno il pellegrinaggio verso una dimora divina ma le loro anime sono le dimore del male”. Da queste considerazioni il poeta giunge alla conclusione che il mondo animale é migliore di quello umano, dal momento che tutte le creature che si trovano nel mondo svolgono il ruolo che Dio ha prescritto loro tranne l’essere umano che, per via della sua natura corrotta, tende verso una condotta egoista e utilitarista. Il profondo rispetto nei riguardi del mondo animale é attestato dal suo vegetarianesimo e dalla sua esortazione continua a non uccidere gli animali o utilizzare le loro pelli per l’abbigliamento.
Un altro tema fondamentale affrontato da Al Ma‘arry nelle Luzumiyyat é la condizione esistenziale in cui viene a trovarsi l’essere umano. Quest’ultimo, secondo l’autore, é condannato a vivere indipendentemente dalla sua volontá e, dal momento che é costretto a vivere senza possibilitá di scelta, la sua condizione é assimilabile a quella delle piante che crescono senza un motivo determinato e uno scopo ben preciso. L’unica scelta reale che si pone davanti all’essere umano é quella tra la vita, vissuta tra dolori e sofferenze, e la morte. La drammaticità della condizione umana viene brillantemente espressa dalla seguente immagine : “è come se vivessimo in un mare di incidenti e sventure e non si vedesse la spiaggia della salvezza”. Un’altra originale metafora che rende molto bene lo stesso concetto è quella del mondo come “sposa orribile da rifiutare” che compare almeno 4 volte nelle Luzumiyyat, in base alle ricerche che ho condotto personalmente. Altri nuclei concettuali assimilabili in qualche misura alla visione pessimistica ma‘arriana della vita sono da individuare nel tema del segreto (sulla morte, sul mondo e Dio) che attraversa entrambi i volumi della raccolta poetica e nella sofferenza dell’essere umano che non è in grado di trovare delle risposte concrete a questo segreto : “il segreto della morte è antico e nessuno lo ha scoperto, non conosciamo il segreto di Dio, lo conoscono il sole e le stelle?”
Strettamente connesso al tema dell’infelicità umana è quello della mortalità che costituisce il vero e proprio filo rosso di entrambi i volumi delle Luzumiyyat. Al Ma‘arry pone l’attenzione insistentemente sul fatto che la morte investe tutti, ricchi e poveri, coloro che sanno parlare bene e quelli che stentano,etc. È come se la morte rappresentasse il punto di incontro tra tutti gli opposti e a tal proposito l’arabista Stefan Sperl ha coniato l’espressione coincidentia oppositorum da non confondere con la teoria di Nicola Cusano (1401 – 1464) : tutti gli opposti coincidono in un unico esito e sono accomunati dallo stesso destino, rappresentato dalla morte. Ciò si collega automaticamente alla considerazione dell’effimerità della ricchezza e del potere di fronte alla morte che è un tema classico della zuhdiyyah, genere di poesia ascetica creato dal poeta Abu al Atahiyyah (748 – 825 d. C.).
Alcune analisi interessanti condotte dall’accademico Lorenz Matthias Nigst mi hanno permesso di individuare alcuni nessi concettuali tra la concezione della mortalità ma‘arriana e quella heidegerriana. Secondo lo studioso austriaco, nell’ambito della filosofia ma‘arriana, un pensiero viene giudicato razionale se e solo se assume la mortalità come punto di partenza. A tal proposito ho individuato un verso che suffraga totalmente questa tesi : “la vita umana è come una notte e l’uomo saggio è colui che spera che arrivi presto l’alba”. Allo stesso modo, Martin Heidegger (1889 – 1976) poneva l’attenzione sul fatto che l’esistenza autentica consisteva nel considerare la morte come la più propria delle possibilità. L’approccio autentico che l’essere umano dovrebbe avere rispetto alla morte corrisponde alla decisione anticipatrice (Vorlaufen) che può essere compresa molto chiaramente sostituendo il noto “penso, dunque esisto” cartesiano con “morirò, dunque esisto”. Anche se le differenze tra i due filosofi, separati da un millennio di tempo, sono evidenti, bisogna riconoscere che la mortalità umana assume in entrambi la dimensione dell’autenticità.
Secondo il poeta filosofo siriano, la dimora terrena non è la nostra vera casa. Ne consegue che su questo pianeta siamo tutti solo “ospiti”, essendo la nostra autentica dimora qualcosa che trascende il nostro mondo ed identificabile con il “rifugio divino” : “siamo ospiti su questa terra, le nostre dimore si trovano presso il rifugio del sovrano, prima o poi partiremo da qui verso il rifugio di Dio, laddove si trovano le nostre dimore autentiche”. L’idea dell’essere ospiti sulla Terra viene enfatizzata da un’immagine veramente eccezionale che rende il messaggio in modo ancora più esplicito “il cibo che il mondo ci offre non è altro che la morte, durante la vita terrena ci godiamo gli antipasti (مقبّلات)”. In un altro passo delle Luzumiyyat afferma il poeta: “ho digiunato per tutta la mia vita, forse il giorno della morte sarà un giorno di festa”. Il tema della morte come pasto da consumare velocemente ricorre spesso nella letteratura ascetica, come sottolineato dallo stesso Lorenz Matthias Nigst.
Un aspetto centrale e imprescindibile nelle Luzumiyyat è rappresentato dall’ascetismo. Anche se, in base ad alcune interpretazioni, Al Ma‘arry dovrebbe essere inserito anonimamente nel novero degli asceti arabi, la mia lettura è differente ed è supportata non solo dall’analisi delle fonti ma anche dallo studio diretto del testo arabo delle Luzumiyyat che mi ha permesso di giungere a conclusioni soggettive. L’etica assume nel poeta siriano un’importanza fondamentale, dal momento che è l’unico campo in cui la ragione può giungere a conclusioni certe. In particolare, il bene non consiste nella pratica della preghiera canonica o nel vestirsi in modo umile ma nel “respingere il male e scuoter dal petto rancore e invidia”. Questo discorso si collega al controllo degli impulsi istintivi e in particolare esiste un verso, oserei dire “didattico”, delle Luzumiyyat che ha una potenza persuasiva altissima: “se qualcuno ti fronteggia con un discorso pungente, affrontalo con la tua pazienza, in modo tale da indurlo a ritirarsi”. In altre parole, quando qualcuno ti offende con la lingua tagliente come la spada, resta in silenzio e sii paziente, in modo tale da sconfiggere la stessa offesa. Solo in questa circostanza, data l’importanza del verso, riporto qui la versione originale araba e la brillante traduzione inglese di Reynold Alleyne Nicholson:
وإن سلّ سيفاً من كلام مسفّه عليك , فقابله بصبرك تنبه
If an insolent man thrusts a sword of speech against you
Oppose him with your patience, so you may break its edge
A suffragare ulteriormente l’ascetismo ma‘arriano è tutto un repertorio di immagini di cui qui ne riporto solo una : la predilezione per i vestiti di colore bianco, considerati simbolo di purezza, rispetto a quelli colorati.
È innegabile il fatto che il pensiero di Al Ma‘arry sia asistematico nell’impostazione e anche caratterizzato da una serie di contraddizioni che investono l’ambito della ragione e della religione. Lo scrittore siriano, portato in auge nel secolo scorso dagli orientalisti Alfred Von Kremer e Reynold Alleyne Nicholson, è celebre per aver scritto un’opera in prosa dal titolo “Risalat al ghufran” (L’epistola del perdono) che ha suscitato un interesse particolare per alcune analogie con la Divina Commedia di Dante Alighieri e che è anche disponibile nella traduzione italiana di Martino Diez.
Tanti altri temi e questioni potrebbero emergere dallo studio delle Luzumiyyat, che probabilmente meriterebbero un ulteriore approfondimento ma tutto ciò esula dallo scopo puramente informativo che mi sono prefisso in questo articolo, attraverso il quale spero di aver stimolato la curiosità intellettuale, invitandovi ad estendere gli orizzonti culturali, ben oltre i confini del mondo occidentale.
Non potrei concludere l’articolo, senza citare le fonti che mi hanno permesso di realizzarlo :
Per la traduzione di alcuni passi delle Luzumiyyat, mi sono avvalso dell’edizione araba di KABABAT Wahid & HAMAD Hasan : Diwan Luzum ma la yalzam (al-Luzumiyyat), Dar al Kitab al ‘arabiyy, Beyrut, 2004 ; essa mi è stata particolarmente utile soprattutto per le note di commento ai vari versi.
Le altre fonti di consultazione sono state:
CAPEZZONE Leonardo, La trasmissione del sapere nell’Islam medievale, Jouvence, Roma, 1998.
GABRIELI Francesco, La letteratura araba, Sansoni, Firenze, 1967.
NICHOLSON Reynold Alleyne, Studies in Islamic Poetry, Cambridge University Press, Cambridge, 1921.
NIGST Lorenz Matthias, Highway Luzumiyyat Revisited – Thoughts about Abu- l- ‘Ala’ Al-Ma‘arry, the Freethinker in Journal of Arabic and Islamic Studies 13 (2013) : 41-57.
SMOOR P. , s.v. “Al Ma‘arry”, in Encyclopaedia of Islam, Leiden, Second Edition, 1960 – 2005.
SPERL Stefan, Mannerism in Arabic Poetry: A Structural Analysis of Selected Texts (3rd Century AH/9th Century AD – 5th Century AH/11th Century AD), Cambridge University Press, 2005.