Promozione alla lettura: Galimberti boccia le scuole italiane.
Umberto Galimberti, grande pensatore che si è speso in Italia per la promozione dell’importanza della cultura e dello spirito critico, ha messo il dito nella piaga:
“In Italia non leggiamo e siamo agli ultimi posti in Italia perché la scuola non funziona e gli insegnanti non sono adeguati. Gli insegnanti devono essere degli affascinatori, oltreché essere adeguatamente formati. Questo in Italia non c’è più da molti anni. Per leggere un libro ci vuole passione, leggere costa fatica, ci vogliono degli educatori che riescano a motivare e appassionare i ragazzi, gli adolescenti.”
L’ISTAT conferma quanto sostenuto da Galimberti e ci mostra un calo in continua crescita. Sembra che il libro affascini una percentuale sempre più bassa di persone. Il libro è forse uno strumento noioso? Le storie appassionano il pubblico, ma lo fanno attraverso il piccolo e il grande schermo. Pochi si soffermano a pensare che queste storie sono prima un libro o un copione, poi un film. Ai non lettori, indubbiamente, manca la capacità di immaginare le scene, e ricorrere alla pellicola è il modo più semplice per vedersele scorrere davanti. Qualcuno azzarderebbe a dire che è anche il modo più veloce per conoscere subito la conclusione, in effetti il finale arriva subito dopo la “pausa pubblicità”. Anche qui mi trovo a dover contraddire, perché le fiction a più puntate tengono inchiodati al divano milioni di italiani ogni settimana. Aspettare la puntata successiva, dunque, sembra non dispiacere; dispiace, invece, rimandare la lettura del capitolo successivo e, di conseguenza, la conclusione della storia. Dovremmo tornare a immaginare, per questo è importantissimo stimolare soprattutto il piccolo pubblico. La promozione alla lettura – come sostenuto da Galimberti – ha bisogno di educatori che riescano ad appassionare e motivare.
In Italia la promozione alla lettura è in linea di massima portata avanti da associazioni e simpatizzanti che, con grandi difficoltà, cercano di appassionare grandi e piccini. Sul ruolo della scuola le opinioni sono contrastanti, dal loro canto i docenti rivendicano il diritto di portare avanti il programma scolastico, fanno presente la mancanza di tempo e lasciano la “patata bollente” alle famiglie; il MIUR, invece, non sembra dare molta importanza “alla materia”, infatti l’ora di narrativa non è prevista nel piano di istruzione. Davanti a quella che è una vera e propria lacuna scolastica, le associazioni, le biblioteche e le famiglie, cercano di colmare il vuoto come meglio possono. In conclusione i bambini si avvicinano alla lettura se alla spalle hanno una famiglia di appassionati lettori. Alcuni pensano che a monte ci sia anche un problema di natura economica, ma questa teoria fa acqua da tutte le parti, per smentirla basta osservare le stanze vuote o semivuote delle biblioteche italiane. Portare i bambini in biblioteca non è di certo una priorità per i genitori italiani. Dopo quest’analisi non ci rimane che costatare che il problema è di natura culturale. In Italia non abbiamo la cultura del libro.
Con queste parole Galimberti conclude il suo discorso:
“ Appassionare alla cultura, questa è la chiave di volta. La cultura è Il destino di un popolo, guardate lo sterminio degli ebrei e quello degli armeni, il primo è molto più noto perché gli ebrei sono molto più colti. Educazione investe la sfera emotiva, le pulsioni le abbiamo per natura, poi le emozioni che sono a metà strada fra natura e cultura. I giovani di adesso non hanno un livello emotivo maturo, non conoscono la differenza fra bene e male. Ci sono molti soggetti psicopatici.
I sentimenti vanno educati e i sentimenti li abbiamo per cultura. La letteratura ci insegna cosa sono i sentimenti. Se io conosco un dolore perché ho letto tanto n posso uscire e non è più un dolore atroce. Non bisogna riempire le scuole di computer ma di maestri, di persone che sanno affascinare ed educare. Dopo si tornerà a leggere. Viviamo nella società della tecnica e interpretiamo ancora il mondo con il nostro punto di vista umanistico, dobbiamo cambiar modo di leggere il mondo. Sta diminuendo la capacità di tradurre un segno grafico in immagini e gli editori, purtroppo, seguono questo percorso. Questo è pericoloso. Ogni volta che leggo un libro devo entrare in crisi, è questa la funzione dei libri, perché le mie idee hanno bisogno di essere continuamente modificate. La cultura attutisce la cultura, se io leggo il dolore occupa un piccolo settore della mia psiche”.