Argomento profondo e intenso in questo nuovo articolo del blog L ’Artista. I modi in cui possiamo morire sono molteplici .. possiamo perdere la vita all’improvviso a causa di un malore o un incidente .. ma si può anche morire molto lentamente e percorrere un lungo calvario fino alla morte. In questo articolo esploreremo insieme questa seconda possibilità e la inquadreremo dal punto di vista squisitamente psicologico : quali sono i pensieri che ci potrebbero passare per la mente se sapessimo di avere una malattia terminale? In che modo il senso della vita viene riscoperto acquisendo nuova linfa? Esiste un testo teatrale in atto unico di Pirandello che entra nel profondo di queste questioni : “L’uomo dal fiore in bocca” tratto dalla novella “La morte addosso” del 1923.
La scena si svolge interamente in una sala da bar della stazione dove il protagonista incontra un avventore che ha perso il treno, con il quale inizia un dialogo che ad un certo punto si tramuta in un vero e proprio monologo. Il protagonista è affetto da una forma di cancro alla gola che lo porta a riconsiderare il senso della vita e della realtà in modo diverso rispetto al suo passato. L’atto unico ruota intorno ad un motivo fondamentale: l’attenzione minuziosa ad ogni piccolo dettaglio della quotidianità assume un valore vitale per chi come il protagonista si trova a vivere la condizione del condannato a morte.
Per avere un’idea di questo atteggiamento, si può ad esempio prendere in considerazione la scena in cui il protagonista descrive nei minimi dettagli il modo in cui alcuni giovani negozianti confezionano dei pacchetti : “Che mani! Un bel grande foglio di carta doppia, rosea, levigata … ch’è per sé stessa un piacere vederla … così liscia che uno ci metterebbe la faccia per sentirne la fresca carezza … La stendono sul banco e poi, con garbo disinvolto, vi collocano su, in mezzo, la stoffa lieve, ben ripiegata. Levano prima da sotto, col dorso della mano, un lembo; poi, da sopra, vi abbassano l’altro e ci fanno anche, con svelta grazia, una rimboccaturina, come di un più, per amore dell’arte; poi ripiegano da un lato e dall’altro a triangolo e cacciano sotto le due punte, allungano una mano alla scatola dello spago; tirano per farne scorrere quanto basta a legar l’involto, e legano così rapidamente, che lei non ha neanche il tempo di ammirar la loro bravura, che già si vede presentare il pacco col cappio pronto a introdurvi il dito”.
Allo stesso modo, l’uomo dal fiore in bocca descrive in seguito le sale di aspetto dei dottori, i mobili, le sedie e la poltroncina. Egli rivela che gli è estremamente utile passare ore e ore davanti alla vetrina del negozio perché avverte il bisogno di attaccarsi alla vita “come un rampicante attorno alle sbarre di una cancellata”. Da qui emerge nettamente la preziosità della vita in ogni suo aspetto, anche il più apparentemente insignificante. Ed è in questo senso che va interpretata l’emblematica scena della descrizione del confezionamento dei pacchi da parte dei giovani negozianti così come quella dell’arredamento delle sale d’aspetto dei dottori.
L’assoluta importanza della vita viene così riscoperta e rappresenta anche l’antidoto essenziale per esorcizzare la paura stessa della morte. La descrizione del particolare sfocia anche nel surreale, nel momento in cui il protagonista addirittura esprime il desiderio di essere come la stessa “stoffa di seta, il nastro rosso o celeste che le giovani di merceria, dopo averlo misurato sul metro, se lo raccolgono a numero otto intorno al pollice e all’indice della mano sinistra, prima di incartarlo”. L’altro aspetto del surreale è la tendenza a personificare gli oggetti, attribuendo loro la potenzialità di esprimere sentimenti ed emozioni : “Chi sa come striderebbe qualche seggiola, qualche poltroncina di quel salotto portata qua nella sala dei clienti ..” E ancora : “Avrebbero piacere quelle seggiole d’ immaginare chi sia il cliente che viene a seder su loro in attesa del consulto?” E ancora : “Le domando se crede possibile che le case d’Avezzano, le case di Messina, sapendo del terremoto che di lì a poco le avrebbe sconquassate, avrebbero potuto starsene lì tranquille, sotto la luna, ordinate in fila lungo le strade e le piazze, obbedienti al piano regolatore della commissione edilizia municipale? .. Case, perdio, di pietra e travi, se ne sarebbero scappate!” In tutte queste immagini, così si può chiaramente notare, emerge quasi una sorta di trasposizione delle sofferenze e preoccupazioni umane a cose o entità inanimate.
L’attenzione alla vita degli estranei è quella che attrae maggiormente l’attenzione del protagonista, il quale è addirittura disgustato all’idea di partecipare della vita dei suoi conoscenti. L’attaccamento alla vita degli altri tuttavia non procura piacere all’uomo dal fiore in bocca, il quale avverte la necessità di esplorarne le varie sfaccettature in modo puramente disinteressato. Riflessione puntuale è quella sul “sapore della vita” : esso è qualcosa di inafferrabile nel tempo presente e può essere riscoperto nei ricordi del passato. Anche stupide illusioni, sciocchezze o vari momenti di noia del tempo presente acquisiscono un valore del tutto nuovo una volta attirati dal vortice del passato.
Se da un lato l’uomo dal fiore in bocca attribuisce un senso di vitale importanza alle cose più banali, dall’altro il linguaggio del suo interlocutore rivela la superficialità in cui quest’ultimo si approccia alla vita. Alla sua considerazione “lo sa quanti fastidi ho” replica l’uomo dal fiore in bocca : “c’è di peggio signore”. Paradossalmente l’uomo sano si lamenta di tutto pur stando bene mentre quello malato affronta la vita con uno slancio vitale di immaginazione che raggiunge il culmine nell’immedesimazione negli oggetti e nella personificazione di quest’ultimi, non rinunciando anche ad un tono ironico ma al tempo stesso amaro che si rivela pienamente nel momento in cui nel finale egli paragona il suo male incurabile ad un fiore dal nome dolcissimo, cioè “epitelioma” : sotto il baffo ha una sorta di tubero violaceo che in realtà è proprio il cancro alla gola che lo condannerà a morte entro pochi mesi.
In una sorta di climax emotivo, l’uomo dal fiore in bocca giunge al cuore della questione sul significato della morte e la condizione di coloro che sono prossimi alla morte : quest’ultima non è come uno di quei pidocchi che ti stanno addosso e che si possono prendere e buttare via con due dita; molti passeggiano disinvolti senza neanche sapere di averla addosso, continuando tranquilli a vivere la loro vita e di conseguenza non possono neanche liberarsene.
Il protagonista intravede anche l’ombra di una donna che in realtà è quella di sua moglie che lo segue sempre e che lo vorrebbe sempre a casa, ma egli non accetta assolutamente di rinchiudersi. Nei suoi confronti il protagonista prova un misto di pietà e fastidio. È proprio la sua condanna a morte che lo induce a non starsene chiuso a casa come sua moglie vorrebbe perché non può fare a meno di cogliere la vita sviscerandone tutti i suoi aspetti, belli o brutti che siano, in modo che possa serbarne il ricordo del passato prima di morire, affrontando la morte in modo più sereno. È l’insieme dei ricordi della vita passata a rappresentare la quintessenza della vita stessa e non importa se gli eventi ricordati siano banali o insignificanti. Ed è questo quanto si può evincere secondo me da questo atto drammatico, anche tenendo presente la riflessione chiave sul “sapore della vita” menzionato in precedenza.
Le battute dell’avventore sono pochissime ma stanno a significare la piattezza della vita e l’assoluta indifferenza rispetto al suo stesso significato. Questa ovviamente è la prospettiva di colui che si trova tutta la vita davanti e che non presta nessuna attenzione al significato della vita e della morte, preoccupandosi di alcuni fastidi banali, come il fatto di aver perso il treno per un minuto o della famiglia che lo ha aspetta in villeggiatura. Al contrario, l’uomo dal fiore in bocca ha bisogno di parlare e molto spesso non dà la possibilità all’avventore di interloquire con lui. Egli infatti avverte questa necessità al fine di liberarsi catarticamente dal tormento della paura della morte.
Nel finale di questo articolo propongo l’interpretazione di Vittorio Gassman proprio dell’atto unico dell’ ”Uomo dal fiore in bocca”. Rispetto al testo scritto, qui si possono apprezzare il tono del discorso, la gestualità, i movimenti e le pause che conferiscono ulteriori spunti di analisi e riflessione :
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