Poesia e poeti agli occhi d’artista. Siamo nel 2021 e pensare al componimento poetico equivale all’immaginare un grande classico impolverato. Un infinito manoscritto centenario custodito nella più prestigiosa biblioteca. È poco comune, oggi, vedere il poeta contemporaneo concedendogli un’immagine reale e distinta.
Letterati di ogni forma hanno discusso nel tempo la funzione del componimento e del compositore. Si sono interrogati sul motivo intrinseco che spinge un artista ad esprimersi nel linguaggio arrovellato che comunemente chiamiamo poesia. Una voce, certamente fuori dal coro, è quella dell’artista Edvard Munch. Grazie alla sua ineccepibile sensibilità, ci ha donato una visione differente, immaginata, del poeta e dell’artista. E qui ne ricordiamo le parole:
«Artisti di questo paese.
I poeti – fonografi sensitivi – possiedono l’attitudine immensa e lacerante di recepire gli efflussi – emananti dalla società.
Ai poeti ne deriva forza – un concentrato.»

Agli occhi dell’artista il poeta possiede la capacità di raccogliere ciò che la società diffonde all’interno dei propri scritti. L’autore diventa quindi l’uomo incaricato alla diffusione artistica del bagaglio culturale in cui è inserto. Il suo lavoro diventa un profondo specchio che riflette non soltanto una condizione del famoso Io Poetico. Diventa l’abile e intelligente opera di un uomo che sente sulle proprie spalle il peso della realtà. E da qui, è chiamato a descriverla.
In seguito, aggiunge:
«Noi udiamo soltanto lunghezze d’onda, raccolte dai timpani.
Soltanto onde di luce che colpiscono la retina.
La poesia è percepire onde con l’occhio e l’orecchio, filtrandole attraverso il cervello.»
Il poeta quindi, come artista e come letterato, è chiamato a comporre un’arte che sappia razionalizzare. Che sappia sviluppare criticamente le informazioni recepite. Gli efflussi andrebbero quindi lavorati attraverso la mente. L’arte poetica diviene agli occhi di E. Munch l’istantanea, disegnata con le parole anziché con le pennellate, della visione che l’artista ha del contesto sociale che è chiamato a vivere.
Un’immagine del poeta che non si limita più a scrivere per se stesso o per una cerchia elitaria di letterati colti. Che eccede nella sensibilità visivo – uditiva e che riversa l’eccesso sulla carta. Che si autoproclama portavoce dell’immagine della sfera sociale, e che da qui prende atto per esternare il proprio punto di vista – ragionato.
In un periodo storico dove il tempo ci rincorre mentre noi rincorriamo lui, sembrerebbe non esserci più modo per dedicare spazio al pensiero profondo.
Per pretendere da noi stessi un momento di pace, di distacco e di ragione che ci possa fare apprezzare un istante di lettura. Per riscoprire in noi stessi un poeta, come E. Munch lo intende, che ci faccia fare fronte al feroce cumulo di informazioni che ci investono ogni giorno.
Eppure, conserviamo la millenaria eredità di autori – portavoci di culture – antiche o recenti – a portata di mano. E con i nuovi mezzi, potremmo stringerla sotto ai nostri occhi in qualsiasi momento.
E tu, lettore, che immagine conservi del poeta e del suo lavoro? Continua il dibattito nei commenti o sulla nostra pagina Facebook.