Omologazione oppure individualismo? Essere uguali agli altri o cercare di distinguersi, cercando di far emergere la propria specificità? Per la Treccani l’individualismo è “ogni dottrina etica, sociale o politica che ponga a suo fondamento i diritti dell’individuo. In senso peggiorativo, la tendenza a far prevalere in modo eccessivo gli interessi individuali su quelli collettivi”. Noi ci occuperemo soprattutto dell’individualismo come dottrina che rivendica l’indipendenza e i diritti del singolo, perché è di questo individualismo di cui abbiamo bisogno. Sappiamo comunque che se tutti fossero individualisti sarebbe totalmente deleterio per la società; la mano invisibile di Smith, secondo cui, semplificando, gli interessi personali portano al benessere collettivo, è possibile solo in un sistema che si autocorregge solo nel caso della concorrenza perfetta e ciò non avviene in questo mondo. Pasolini è stato il primo a parlare di omologazione, causata soprattutto dalla televisione. Era la televisione quindi che uniformava gli italiani un tempo. Prima degli anni Settanta la tv oltre a avere una funzione di intrattenimento aveva anche una funzione pedagogica: infatti è stata determinante per l’unificazione linguistica e per l’alfabetizzazione (con il maestro Manzi). Ma Pasolini aveva visto oltre. Aveva previsto quello che sarebbe successo dopo. Anche se non siamo tutti uguali economicamente, oggi grazie all’omologazione vestiamo nello stesso modo, andiamo tutti a fare la spesa nei supermercati (facendo chiudere i negozi di vicinato), desideriamo tutti le stesse cose e pensiamo tutti le stesse cose. I mass media ci influenzano molto, troppo. Qualcuno potrebbe obiettare che abbiamo il libero arbitrio, che la televisione è solo uno strumento, che siamo noi gli utenti, che possiamo scegliere con il telecomando. Tutto si basa sull’illusione che siamo liberi di scegliere e di pensare, mentre in realtà non è così: questa è la critica che ad esempio Adorno rivolge alla società contemporanea, al consumismo, all’industria culturale. C’è da aggiungere che l’omologazione è anche una nuova forma di uguaglianza, che al contempo rispetta le differenze individuali. Le persone omologate oggi si riconoscono felicemente tra di loro per il vestiario, il taglio di capelli, l’auto, i locali frequentati, le località turistiche viste, la musica ascoltata, i telefonini, i pc, il cibo comprato, i giornali acquistati, i programmi televisivi visti: tutti elementi simbolici, identitari, aggreganti, prima di tutto dal punto di vista psicologico e sociale. Quindi siamo tutti in una buona quota parte omologati. Omologazione oppure individualismo? L’omologazione è il comunismo mentale realizzato; è il colonialismo dei nostri sogni, delle nostre aspirazioni, del nostro immaginario; è il consumismo mischiato con l’edonismo a portata di tutti, almeno apparentemente. Pasolini scriveva anche che il potere era “senza volto” perché anonimo, subdolo, occulto, che agiva indirettamente senza violenza, senza coercizione fisica. In questo senso potremmo affermare che la violenza era un mezzo del potere solo fino ai primi del Novecento e non più oltre. La dittatura non serve più: è più efficace una democrazia eletta democraticamente da dei cittadini in gran parte omologati, che votano candidati in gran parte omologati e soprattutto omologanti. Dirò di più: oggi l’omologazione è globale, almeno nei paesi più industrializzati, e perciò sovrasta gli Stati. Pasolini tutto ciò lo aveva già intuito. Un’altra cosa: Pasolini scriveva che l’omologazione era interclassista. Intendiamoci bene: Pasolini criticava il sistema, ma non odiava le persone: non amava la massa, ma amava il popolo. Il problema per lui era che il popolo vero tramite l’omologazione stava diventando gradualmente massa, perdendo l’identità, il senso della comunità e la genuinità. Non solo ma il grande poeta riteneva che il pericolo non fosse più il vecchio fascismo, inteso politicamente, ma considerava l’omologazione il nuovo fascismo, la vera minaccia incombente. Pasolini non era un complottista antelitteram, ci aveva visto giusto: basta ricordare che Licio Gelli, capo della P2, aveva messo come punto programmatico del suo piano di rinascita il controllo di tutti i mass media italiani oppure è sufficiente ricordare tutti gli studi di psicologia, di sociologia che sono stati fatti sui cambiamenti di atteggiamento, sulla comunicazione persuasiva, su come argomentare per influenzare le persone e come queste ricerche, queste teorie sono state utilizzate dai mass media. E aveva ragione Pasolini anche a scrivere che questo nuovo potere massmediatico era incondizionato! Pasolini aveva capito che i mass media chiudevano l’ordine del discorso per tutti i cittadini per dirla alla Foucault, cioè stabilivano già dagli anni Settanta le regole del gioco, le norme, i divieti, i tabù. Ma allora perché non ribellarsi a questo stato di cose? Se ci pensiamo bene, in fondo l’essere umano si adatta, si abitua a tutto. In fondo la maggioranza di noi oggi vive nella propria comfort zone: quindi perché lamentarsi e sputare nel piatto in cui si mangia? L’alternativa è prendere o lasciare e molti di noi hanno troppo da perdere. Per capire Pasolini bisogna tener presente che il potere ha paura della ricchezza delle diversità delle persone e della varietà di pensiero dei cittadini. Perciò per avere pieno controllo cerca di uniformare tutti. Sempre per il poeta friulano l’omologazione era decisa dall’alto e veniva subita da tutti, la società era autoritaria e falsamente democratica, chi parlava in televisione parlava sempre ex cathedra e il popolo recepiva tutto passivamente, perché la tv è un medium di massa. Oggi comunque l’omologazione, dopo decenni di lavoro ai fianchi e nella mente dei cittadini, ha fatto scomparire le classi sociali: nessuna classe, quindi nessuna coscienza di classe, perciò nessuna rivoluzione. Ai tempi di Pasolini inoltre la televisione era strumento del potere tradizionale (democristiano e liberale), oggi i mass media, la politica, la grande imprenditoria si influenzano reciprocamente, cercando l’uno il dominio sull’altro. Inoltre oggi rispetto ai tempi di Pasolini la soglia di attenzione è più bassa: si pensi a quanti fanno zapping o a quante casalinghe o pensionati lasciano accesa la tv per ore in sottofondo, facendo altre cose come cucinare, mangiare, pulire, riparare la lavastoviglie, parlare con altri familiari. Insomma la tv non viene più ascoltata da tutti in religioso silenzio. La maggiore critica che si può fare a Pasolini è il suo antimodernismo totale, il suo continuo volgersi al passato, il suo ripetere che si stava meglio quando si stava peggio. Ma veramente gli italiani prima del boom economico erano poveri e felici? Un’altra annotazione: oggi esiste anche l’omologazione estetica, perché tante persone si rifanno e chiedono al chirurgo le stesse fattezze di quell’attore o di quella showgirl. Il potere attuale comunque non usa la pena o la vergogna ma la psicologia e le scienze di comunicazione di massa. Oggi il potere ci condiziona con il neuromarketing, le cui espressioni sono le pubblicità che ci propinano un’idea comune di felicità, come gli spot più famosi. Qualche anno fa tutti volevano essere la famiglia del Mulino Bianco e volevano vivere momenti da Cuore di panna; oggi tutti vogliono bere Coca-Cola o mangiare i cibi dell’Esselunga in famiglia o con gli amici. Inoltre un imperativo del consumismo è quello di essere à la page ed è il potere che decide le mode, che noi “dobbiamo” seguire. In teoria potremmo anche non seguire le mode, ma ci vuole indipendenza e autonomia di pensiero. Le mode finiscono per occupare le nostre menti, parliamo con gli altri, vediamo gli altri e ci accorgiamo che loro seguono le mode. Allora ci si adegua oppure si finisce per essere out: ci vuole coraggio, convinzione delle proprie idee e spirito di rinuncia per essere contro. È difficile esercitare il cosiddetto “pensiero critico”. Omologazione oppure individualismo? La concezione pasoliniana dell’omologazione considera implicitamente che ci sia un potere massmediatico che voglia formarci, controllarci, assoggettarci, influenzarci, condizionarci. Molti studiosi attualmente condividono e confermano questa visione di fondo, questo presupposto teorico e lo considerano un dato di fatto assodato e incontestabile. Per accorgersi dell’omologazione bisogna avere consapevolezza e un minimo di strumenti intellettuali, perché il potere non rende manifesta la cosa: il potere tramite l’omologazione agisce per tutta la vita sull’inconscio dei cittadini (si pensi anche al marketing dei messaggi subliminali, che assorbiamo al di sotto della nostra soglia di coscienza). L’omologazione va riconosciuta e per far questo ci vuole senso critico. In fondo basta ricordarsi che siamo in una società di massa, con una cultura di massa, addirittura con la stessa industria culturale che non si oppone ma si conforma allo status quo e di conseguenza abbiamo una grande massificazione delle persone. Certamente ci sono massmediologi prezzolati dal potere che sostengono la grande libertà di tutti noi. La realtà è che costoro in questo modo rivelano solo la loro insoddisfazione, perché ci vorrebbero modellare totalmente e condizionare a loro piacimento: fortunatamente, nonostante questo processo continuo, rimane un piccolo margine di libertà. Oggi a ogni modo sono i mass media, i vip, gli opinionisti, i partecipanti ai reality, gli influencer, le blogstar, i tiktoker, i cantanti, gli esperti, i potenti ad uniformarci, tenendo presente che la televisione la guardano sempre meno persone. Altri intellettuali, di cultura cattolica o comunista, indicano invece nell’individualismo un male della nostra epoca. L’individualismo ha origini antiche e nobili, filosoficamente parlando. Senza l’apporto dell’individualismo non avremmo le libertà odierne, che sono maggiori e migliori di quelle dell’Ottocento ad esempio. Chi ha ragione? Omologazione oppure individualismo? Sono due forze contrapposte, la cui risultante varia da persona a persona? Dove finisce l’individualismo e inizia l’omologazione o viceversa dove finisce l’omologazione e inizia l’individualismo? E se avessimo un’omologazione individualista e un individualismo omologante allo stesso tempo?
Omologazione oppure individualismo? Forse oggi dovremmo scegliere tra la bolla di filtraggio oppure l’omologazione televisiva? Non è questa la scelta per noi oggi? E se i social oggi fossero la nuova omologazione? Cambierebbe quindi solo il medium di massa!?! Omologazione oppure individualismo? L’omologazione sfrutta il conformismo e l’accettazione acritica del potere. L’individualismo deriva dalla libertà individuale e dal riconoscimento dell’unicità e dell’irripetibilità dell’individuo. Chi è individualista cerca di essere sé stesso. Chi è conformista invece vuole essere come gli altri o cerca a tutti i costi di diventarlo, rinunciando alla sua individualità. Il potere vuole istigare al conformismo e ridurre l’individualismo. In teoria si può scegliere tra individualismo e conformismo. In pratica la scelta è obbligata, tutta a favore del conformismo. Omologazione oppure individualismo? Il potere ci obbliga all’omologazione, ma ci lascia delle varianti minimali: tutti ad esempio comprano le stesse marche di automobili (a seconda della disponibilità economica e dell’importanza attribuita alla macchina come status symbol), ma ognuno sceglie gli accessori. Si potrebbe fare anche un’analogia e affermare che ormai siamo tutti omologati come le macchine, siamo macchine, dobbiamo rispettare degli standard, bisogna essere prêt-à-porter e chi non si adegua è difettoso, è uno scarto di fabbricazione.
Omologazione oppure individualismo? Ci sono a mio avviso più rischi nell’omologazione che nell’individualismo, anche se in quest’ultimo possono essere insiti l’egoismo sia psicologico che etico, il rischio che il sistema si inceppi e impoverisca i cittadini, il pericolo che tutti diventino free rider, facciano come vogliono senza rispettarsi vicendevolmente. A grandi linee chi critica l’omologazione ha paura del potere e chi critica l’individualismo ha paura della libertà individuale. Insomma è legittimo chiedersi: salvaguardare l’omologazione e quindi questo potere o salvaguardare l’individuo e di conseguenza la libertà? Omologazione oppure individualismo? I potenti la pensano esattamente come il comportamentista Skinner che nel suo libro “Oltre la libertà e la dignità” pensava fosse giusto esporre continuamente ai condizionamenti operanti (premi e punizioni) i cittadini per farli diventare onesti e morali. I potenti cercano comunque di condizionare i cittadini per il profitto e il mantenimento del potere, ma così facendo viene meno il principio di libertà insito in ogni democrazia.
Dobbiamo essere tutti uguali nei gusti, nei pensieri, negli stili di vita: questo vuole il potere. Il potere sulla carta ci dà la libertà, in pratica ce la toglie. Il potere vuole l’appiattimento, il livellamento, pur rispettando la divisione del lavoro, le differenze di reddito, di patrimonio, di salute, di istruzione. Bisogna adeguarsi. Non ci si può sottrarre. Il potere vuole formare dei soldatini, dei cittadini modello per controllarli meglio. La pressione esercitata dai mass media e dallo show business è troppo forte e indebita: ci dicono loro cosa e come pensare. Certamente acculturandosi privatamente, leggendo libri per conto proprio, una persona trova la forza per essere contro. A ogni modo per capire l’omologazione non serve l’individualismo metodologico degli economisti, secondo cui la società deriverebbe solo dalle azioni dei singoli, e neanche l’olismo metodologico di stampo sociologico, secondo cui l’individuo sarebbe solo il prodotto della società. La chiave di lettura per capire l’omologazione è che il potere si serve della tecnologia per renderci degli individui asociali più simili possibile; insomma tra homo oeconomicus e homo sociologicus ha vinto quello che il politologo Sartori e il filosofo Umberto Galimberti chiamano homo videns. Guardare la tv e navigare in rete sono quasi degli obblighi o meglio sono una sorta di imposizioni psicosociali, che arrivano dall’alto. Si noti anche che il consumismo produce omologazione e viceversa, che l’omologazione aumenta la produzione industriale. In questo senso chi è anarco-individualista e come Stirner poggia la sua causa sul nulla, non volendo patria, istituzioni, chiesa, mercato, mass media è considerato pericoloso e destabilizzante dal sistema, anche se è un elemento totalmente pacifico. Inoltre bisogna considerare che il potere non ha solo causato direttamente un impoverimento linguistico di per sé (tramite la tv ha standardizzato il linguaggio), ma ha piuttosto proposto alla massa mezzi tecnologici (tv e Internet) che scoraggiano l’arricchimento verbale, determinato dalla lettura e dall’approfondimento (Don Milani sosteneva che più parole si conoscono e più si può decifrare la realtà, ma un vocabolario ricco è anche sinonimo di maggiore espressività e quindi di libertà). Il problema a ogni modo è più ampio, più antico e riguarda la modernità, ancora prima dell’avvento della televisione, che comunque ha peggiorato tutto in questi ultimi anni: abbiamo un individualismo senza individualità, un soggettivismo senza soggettività o fatto con una soggettività in profonda crisi, ad iniziare da Freud (la scoperta dell’inconscio, l’io che “non è più padrone a casa propria” tra l’incudine dell’Es e il martello del Super-Ego per passare da Lacan fino ad arrivare ai condizionamenti dei mass media dei giorni nostri). Abbiamo una soggettività nel migliore dei casi destrutturata, a causa della spersonalizzazione massmediatica che subiamo. Di conseguenza come non ricordare Guccini che cantava: “Poi certo per chi non è abituato pensare è sconsigliato”?
Omologazione oppure individualismo? Il potere comunque è un Grande Fratello, che ha creato una neolingua in cui esistono meno sfumature d’un tempo, in cui ad esempio ci sono solo due modi per rapportarsi ai vip, ovvero essere fan o essere hater, facendo rientrare nella categoria degli odiatori non solo i casi patologici ma anche chi muove critiche sensate (tutto questo per ridurre il dissenso. Inoltre i mass media parlano solo dell’imbecillità degli hater e non parlano mai di quella dei fan); esiste una grande fabbrica del consenso, che ci porta ad ammirare chi ha successo e a rincorrere il successo: ognuno nella vita deve avere un piano b, ma il sogno principale deve essere quello di avere successo. Non solo ma la tv e Internet creano dipendenza psicologica. Siamo perciò davvero liberi di scegliere, di non guardare la tv, di non navigare in rete? Ritengo che sostanzialmente ci siano tre categorie: i liberi pensatori (quelli veramente contro il sistema), coloro che sono indottrinati totalmente dal sistema e coloro che si mimetizzano come i camaleonti, cioè accettano il sistema, si conformano socialmente a esso, ma nel loro intimo lo disapprovano. Omologazione oppure individualismo? La libertà d’azione è apparentemente sconfinata, la libertà d’espressione è ampia, riconosciuta, garantita, ma non viene garantito lo sviluppo del libero pensiero: si può viaggiare ogni angolo del villaggio globale, ma ben pochi riescono a fare un’analisi e una critica seria e costruttiva al villaggio globale. Riducendo il margine di libertà di pensiero si riduce il margine di libertà di protesta, di rivolta, d’azione. La scomparsa delle classi sociali, nonostante le differenze di ricchezza, è dovuta a quella che Pasolini chiamava omologazione culturale. Se un tempo esistevano contadini, operai semianalfabeti e nobildonne che sapevano a memoria Omero e Dante, oggi da questo punto di vista l’istruzione di massa, i mass media, Internet hanno ridotto notevolmente, se non talvolta annullato queste grandi differenze d’un tempo. Il livellamento potrebbe andar bene, ma dovrebbe essere un livellamento generale verso l’alto, che negli ultimi venti anni non è mai avvenuto ad esempio: questo sarebbe stato il vero progresso culturale. Come risolvere il potere pervasivo dei mass media, visto che il sistema non si autoregola? Sono valide le proposte di una patente per fare televisione (come voleva Popper), che presuppone un’identità etica (parlo di un’etica pubblica e non della moralità privata senza fare del moralismo spicciolo: ognuno vada a letto con chi vuole, se è maggiorenne, consenziente, capace d’intendere e di volere) e una deontologia professionale, e l’eliminazione dell’anonimato per navigare nel web. Ma questo non basta. Per controllare la deriva del potere massmediatico ci vorrebbero anche il contributo determinante di intellettuali non compromessi, di cittadini ispirati dal buon senso che protestano a ragion veduta, di legislatori illuminati, di politici, uomini delle istituzioni e religiosi che abbiano veramente a cuore la democrazia non di facciata ma quella vera.