La XVII Mostra Internazionale di Architettura di Venezia inaugurata il 22 maggio e aperta fino al 21 novembre negli spazi espositivi dell'Arsenale e dei Giardini, ha come titolo “How will we live together?”(Come vivremo insieme?) È una finestra sul mondo di 46 paesi e 116 partecipanti.
La Biennale delle idee
Questa Biennale che è stata posticipata di un anno causa pandemia, è un pò diversa dalle precedenti, ne ho visitate alcune negli anni passati, ma l'impressione che si percepisce alla fine dei percorsi espositivi è sicuramente di invito alla riflessione e fonte di ispirazione a proposito del nostro futuro come individui in relazione al mondo che ci circonda e in cui viviamo.
Il curatore della Biennale 2021
Il curatore della Biennale 2021, il libanese Hashim A.Sarkis (nato a Beirut nel 1964), è professore alla School of Architecture and Planning al Massachusetts Institute of Technology. Ha pubblicato molti articoli sull'architettura e l'urbanistica, i suoi studi si concentrano sul rapporto tra l'arte del costruire, gli spazi pubblici e la democrazia. Il suo pensiero concerne l'architettura in relazione ai bisogni sociologici e psicologici degli esseri umani. Sarkis ha scelto un titolo che finisce con un punto di domanda, infatti questa Biennale ci pone una serie di quesiti.
I quesiti della Biennale
“Come vivremo insieme?” Come rispondere a questa domanda? Una serie di questioni sulle quali il titolo della Biennale si interroga, non sono di facile soluzione. Sono problematiche di cui noi tutti dovremmo farci carico come le responsabilità di fronte alle molteplici sfide che il futuro del nostro pianeta ci pone. Confronti che spaziano dal rispetto dell'ambiente all'abitabilità, alla condivisione dei luoghi, al risparmio energetico, ai flussi migratori. È il tema della relazione dell'uomo con il mondo circostante, in quello scambio tra il microcosmo uomo e il macrocosmo mondo in un auspicabile sistema di autoregolamentazione.
Una Biennale filosofica
Biennale filosofica che ci rimanda al pensiero orientale, al Buddismo in particolare che fa del sincretismo uomo, cosmo, microcosmo e macrocosmo uno dei pilastri della propria mistica. Biennale alla cui domanda del come vivere insieme è arduo dare una risposta che non giunge dalle istituzioni e dalla politica troppo lente e anche un pò sorde ai cambiamenti. La figura dell'architetto è chiamata a rispondere in prima persona ma non piü da uno splendido isolamento creativo di autocompiacimento. Si tratta di un ruolo nuovo in cui la sinergia della progettazione deve trovare soluzioni basate su fondamenti scientifici e del vivere sociale. L'architetto diventa allora il coautore di progetti che includono la scienza, la biotecnologia, le neuroscienze e l'ingegneria computazionale.
Progettare il futuro
I titoli delle varie sezioni in cui si articola il percorso espositivo all'Arsenale sono esplicativi: Mondi di vite differenti, Nuovi spazi abitativi, Comunità emergenti, Attraversare i confini, Un unico pianeta. Si comincia dal corpo umano che viene analizzato come un organismo mutante e in relazione al mondo animale e vegetale come in Grove (boschetto), installazione curata dai canadesi Philip Beesley e Living Architecture System Group: una foresta sintetica interattiva che genera una connessione tra migliaia di elementi relazionati tra di loro in un mondo in continua trasformazione.
Le sezioni
La sezione dedicata al Vivere insieme analizza nuove forme di coabitazione e condivisione degli spazi non più limitate agli ambiti esclusivamente familiari. Refuge for Resurgence dello studio londinese Superflux crea una tavola imbandita per un pranzo di una comunità di specie diverse che si riunisce tra le rovine del mondo moderno per esplorare nuovi modi del vivere insieme.
EcoLogic Studio, studio italiano a Londra, ha sviluppato una coltura di microalghe che oltre a decorare puliscono l'aria e forniscono proteine alla macchina uomo.
La malattia, argomento mai così attuale come in questo periodo, ci fa ricostruire gli spazi della cura come gli ospedali. La privatizzazione di luoghi prima pubblici in un futuro con un invecchiamento della popolazione crescente ispira l'installazione di OMA, Hospital for the Future. Vediamo una corsia squallida con lettini disadorni per chiedersi se la tecnologia possa salvarci anche dall'invecchiamento.
Venezia
Dedicata a Venezia è l'installazione City of Dust di Lorien Beijaert e Ana Mačkić (Paesi Bassi), dove un pavimento di piastrelle è assemblato a formare la pianta della città lagunare. Vuole rappresentare gli effetti del turismo di massa su Venezia. Le piastrelle scheggiate causate dal passaggio dei visitatori manifestano questa fragilità e le conseguenze di situazioni apparentemente banali ed acquisite. Noi stessi in quanto fruitori della Biennale siamo responsabili della lenta distruzione di questi delicati equilibri.
I Giardini
Nell'altra sede espositiva della Biennale, I Giardini, ogni padiglione è la casa per l'allestimento delle varie nazioni partecipanti. Impossibile descrivere tutte le varie proposte ma vorrei consigliarvi tra tutti i padiglioni di Belgio, Spagna e Danimarca.
Belgio
Il padiglione del Belgio, tra i favoriti alla vittoria per il Leone d'Oro, ci rimanda ad un mondo in miniatura di case e palazzi in scala 1:15 a rappresentare il tipico paesaggio fiammingo. È una città ad altezza d'uomo che in 50 progetti affidati allo studio Bovenbouw Architecture e realizzati negli ultimi vent'anni vuole mostrare le possibilità di una equilibrata composizione architettonica in cui alcuni edifici sono stati ristrutturati ed adattati alle situazioni circostanti.
Spagna
Come non immergersi nel padiglione spagnolo tra 466 fogli svolazzanti ovunque e sopra le nostre teste, portatori di progetti che tentano di rispondere alla fatidica domanda del come vivere insieme? Uncertainty (incertezza), è il titolo del progetto. Innumerevoli proposte, una fucina di strategie ma anche di incertezze come il mondo fluttuante in cui dobbiamo districarci.
Impressioni
Vorrei concludere con una riflessione sul padiglione che mi ha maggiormente impressionata per la semplicità e per i contenuti che racchiude come uno scrigno e che per me rappresenta tra tutte le proposte viste, la sintesi alla domanda sul vivere insieme. È il padiglione danese, un percorso guidato da una passerella sospesa su un corso d'acqua piovana raccolta dal tetto che confluisce all'interno del padiglione stesso.
All'esterno vasetti colmi di piante ci riconducono a pensare all'importanza dell'interazione tra uomo e natura. Due gentili signore ci invitano a sorseggiare un tè verde o alla menta preparato con l'acqua piovana e a riposarci in un'oasi fatta di divanetti lungo la passerella o sedili e tavolini ricavati da tronchi di legno. Una pausa avvolgente, dai ritmi lenti cullati dal fluire dell'acqua che ci circonda. Un ritorno alle origini, alla naturalezza dell'essere e degli elementi, un invito alla lentezza della riflessione e alla forma dell'acqua fonte di vita che si plasma e si modella dentro e fuori di noi. Forse è proprio questa la risposta al nostro vivere insieme nel futuro prossimo.
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