Recensire libri di poesia è importante per la comunità poetica, per le case editrici, per gli autori. È più importante di quello che si pensi per il benessere della poesia contemporanea italiana. Recensire libri di poesia significa far aumentare le vendite o quantomeno fare pubblicità ai libri e agli autori, anche se è molto difficile far scattare in chi legge la recensione l'impulso di acquisizione. Recensire stimola e facilita sia il dibattito che il passaparola. Male che vada, recensire libri di poesia significa comunque migliorare la web reputation degli autori e delle piccole case editrici. Tanti vogliono esser poeti, perché dà maggiore visibilità e raramente anche gloria postuma. Recensire libri di poesia invece non dà posterità e i recensori spesso stanno nell'ombra. Giovanni Raboni e Maurizio Cucchi tra cinquant'anni (ammesso e non concesso che non avvenga l'estinzione della specie umana) verranno ricordati come ottimi poeti e non come ottimi recensori di libri di poesia! Questo significa che ci sono molti più aspiranti e sedicenti poeti che recensori. Tutto ciò è un limite. Prima di tutto per recensire libri di poesia bisogna averli letti e ciò non va dato per scontato perché c'è anche chi recensisce senza leggere. Il recensore dovrebbe essere una figura super partes, che non recensisce i libri degli amici e degli amici degli amici. Recensire libri di poesia significa fare un passo indietro, rimanere sullo sfondo, ritagliarsi un ruolo da comparsa, dare spazio e voce agli altri. Innanzitutto che libri recensire? Recensire i classici significa spesso essere scontati, ovvi; significa finire nel già detto e nel risaputo spesso. Chi recensisce i classici, a meno che non sia un accademico, difficilmente aggiunge qualcosa di nuovo, di originale, insomma di degno di nota. Invece recensendo gli esordienti o gli autori poco conosciuti si può fare da talent scout. Per recensire ottimamente libri di poesia bisogna essere umili e non presuntuosi, ovvero bisogna saper rispettare lo sforzo creativo che c'è dietro e l'autore, prima di tutto come persona. Ci vuole umiltà per cercare di capire un'opera ma anche la storia e la persona che ci stanno dietro e dentro; l'umiltà è richiesta, anche perché i tempi dell'oggettività (presunta) dello strutturalismo sono finiti. La lettura di un libro dipende anche dal gusto personale e dallo stato d'animo; nessun intellettuale riesce a mettere tra parentesi al 100% il proprio umore e il proprio gusto personale: un ampio margine di soggettività rimane sempre in ogni giudizio critico. Eliot in “The use of poetry and the use of criticism” scrive comunque che il critico basa tutto sulla pretesa di “formulare giudizi oggettivi e definitivi”. Recensire libri di poesia comunque significa dire la propria, mostrare il proprio punto di vista, pur avvalendosi di criteri interpretativi riconosciuti. Ci sono recensori che analizzano esclusivamente la forma, altri che guardano al contenuto, altri ancora che pongono l'accento sulla biografia degli autori, altri che indagano la psicologia, altri che cercano di definire lo stile e di collocare un poeta: un'ottima recensione non deve rivelarsi carente in nessuno di questi aspetti, anche se di solito il recensore ne privilegia uno. Anche recensire è perciò un atto creativo, che scaturisce dalla creatività altrui. Anche nelle recensioni dignitose ci sono delle intuizioni critiche, degli spunti interessanti: insomma anche in questi testi si trovano degli insights, delle ristrutturazioni cognitive. Inoltre bisogna essere umili per recensire libri di poesia, dato che nessuno sa l'evoluzione o l'involuzione che può avere quell'autore, né nessuno sa come sarà recepito quel libro dalla comunità letteraria, né tantomeno dai posteri. A tal riguardo basti pensare che anche Joyce è stato stroncato. Bisogna sempre essere avveduti e ponderati, soprattutto quando il libro è molto innovativo. Recensire libri di poesia ha una determinata funzione letteraria, non propriamente marginale. Ci vuole qualcuno che recensisca ed è una cosa che va fatta bene. Ci sono anche giornalisti in passato che dicevano ai poeti di scrivere loro stessi la recensione alla loro silloge. Inoltre non si può inoltre più fare una distinzione in base alla qualità tra recensori pagati dei grandi quotidiani e recensori gratuiti delle riviste letterarie e dei blog culturali: anzi spesso si trova più attenzione e impegno nei siti letterari. Una recensione deve essere a pagamento oppure no? Qui si apre un dibattito interessante. In estrema sintesi a mio modesto avviso il recensore, se non è pagato dall'autore, dall'agenzia letteraria o dalla casa editrice, dovrebbe pretendere comunque il libro o il pdf gratis. Recensire libri di poesia è il miglior modo per sapere lo stato attuale della poesia italiana odierna. È il miglior modo per rimanere aggiornati. Recensire dei libri di poesia è soprattutto un esercizio critico e perciò attiva le capacità logico-concettuali del recensore. I requisiti fondamentali sono il senso critico e il senso estetico, nonché un minimo di conoscenza della tradizione. Un recensore dovrebbe conoscere un minimo l'italiano e dovrebbe avere anche gli strumenti critici ed espressivi. Recensire libri di poesia richiede anche empatia, nel senso che il recensore deve mettersi nella testa degli autori, deve recepire il loro vissuto, deve farsi carico dei loro traumi, delle loro ferite interiori (e si scrive poesia quasi sempre per una ferita interiore, nel migliore dei casi per una sensibilità offesa). Recensire libri di poesia è anche una piccola sfida: talvolta è utile confrontarsi con gli autori, che vi dicono se avete capito o meno il senso profondo del loro libro; non è detto necessariamente che abbiano ragione loro a ogni modo. I maggiori rischi per un recensore sono quelli di rispecchiarsi troppo nell'autore ma anche di proiettare troppo sé stesso nel libro. Questi sono entrambi meccanismi di difesa ineliminabili secondo Freud, ma devono essere contenuti, ridotti. Recensire libri di poesia significa attivare invece più che altro quelli che Kernberg definiva i meccanismi di difesa di alto livello come la razionalizzazione e l'intellettualizzazione, fermo restando che esiste una forte componente soggettiva, che alcuni esprimono dicendo: “questo è quello che mi è arrivato”, “questo è quello che sento e percepisco”. Un altro pericolo per un recensore è quello di fissarsi troppo su certi rovelli intellettuali, di farli diventare delle ossessioni. Un altro pericolo ancora è quello di farsi sopraffare dalla sua ideologia, qualunque essa sia. Recensire libri di poesia significa a ogni modo cercare di dare un senso anche a quello che talvolta non ne ha. La recensione è sempre un'interpretazione e solo nei migliori casi viene fatta con intelligenza, metodo, cultura. Certamente un tempo fece discutere un'affermazione del poeta e professore Valerio Magrelli, che dichiarò che per occuparsi di critica letteraria si dovrebbe aver letto almeno 8000 libri. Bisognerebbe vedere però quanti di questi libri sono stati veramente compresi e interiorizzati da una persona! Un conto poi è scrivere delle recensioni e un altro conto è essere critici letterari veri e propri. Per recensire libri di poesia non è necessario essere dei letterati, mentre lo è per fare i critici letterari. A ogni modo il recensore più che un critico è un divulgatore letterario. È il primo filtro, il primo mediatore tra l'opera e il pubblico e spesso è uno dei tanti mediatori. Come dovrebbe essere scritta una recensione? Una recensione dovrebbe essere comprensibile ai più. Però dipende dal referente, dal pubblico. Dipende dai lettori a cui si rivolge il sito, la rivista, il giornale. Ci sono ad esempio riviste letterarie accademiche che si rivolgono a soli letterati. Quanto deve essere lunga una recensione? Non deve essere troppo corta, perché in questo modo non focalizza i contenuti, i nuclei tematici, lo stile della silloge. Direi che deve essere più di 800 parole. Non deve essere neanche troppo lunga, perché in questo caso annoia e nessuno la legge. Direi che deve essere al massimo 2000 parole, dato che altrimenti diventa un abstract, un saggio breve. Recensire libri di poesia significa anche non essere ripetitivi, premesso che ogni recensore ha il suo stile, la sua personalità, la sua visione del mondo, il suo modo di intendere la poesia. Un rischio del recensore è che ad artista si aggiunga artista: se il recensore è anch'egli un poeta deve perciò togliere espressività lirica e far leva sulla sua intellettualità. Recensire libri di poesia significa anche ricercare l'obiettività. Bisognerebbe cercare di essere equanimi, ovvero non stroncare, né essere troppo elogiativi. In ogni libro ci sono punti di forza e punti deboli. La miglior cosa sarebbe elencare solo i punti di forza nella recensione senza esaltare troppo l'autore. Un minimo di bonaria indulgenza del recensore nei confronti degli autori ci vuole, visto il periodo di crisi in cui versa la poesia italiana. Non si può nemmeno gridare al capolavoro, poiché non spetta al semplice recensore ma alla critica letteraria vera e propria stabilire cos'è che passerà alla storia. Il recensore, prima ancora di essere onesto intellettualmente, dovrebbe essere semplicemente onesto, cioè non chiedere uno scambio di favori agli autori dei libri recensiti. I rapporti umani tra il recensore e l'autore devono essere improntati alla correttezza, alla cortesia e non spingersi oltre perché anche essi devono attenersi alle più basilari regole di ogni deontologia professionale o aspirante tale. Le recensioni quindi non dovrebbero essere in alcun modo delle captatio benevolentiae. Il recensore comunque non si aspetti dagli autori un minimo di gratitudine, perché addirittura alcuni ritengono la recensione un atto dovuto e il loro libro un grande dono. Ci sono in alcuni autori talvolta un complesso di superiorità e un senso di paternalismo rispetto ai recensori. Insomma ci vuole bonaria indulgenza anche per le tare psicologiche di alcuni poeti o aspiranti tali. Ci sono alcuni autori che ritengono i recensori dei poeti falliti. In questo caso bisognerebbe vedere da che pulpito viene la predica: è più che legittima se fatta da un autore cattedratico o di una grande casa editrice, mentre è inammissibile se fatta da un esordiente o da un autore che pochissimi considerano. Anche questo atteggiamento di presunta superiorità da parte di alcuni autori è sbagliato: il recensore va sempre rispettato perché ci mette tempo, sforzo, impegno, talento; sono tutte cose che potrebbe impiegare in altro modo e non nella lettura del libro di un contemporaneo, che non si sa ancora se passerà alla storia della poesia. Un recensore al contempo non dovrebbe nemmeno stroncare per pura vendetta personale o idiosincrasia. Ogni recensore si colloca su questo continuum, che ha come poli estremi l'attesa di un favore e la stroncatura dovuta a questioni personali: in ognuno di questi casi estremi la ricerca di obiettività e quindi la ricerca disinteressata del vero vengono meno. Recensire un libro significa non solo fare un'analisi e una sintesi, ma anche esprimere un'opinione competente e non necessariamente autorevole. Personalmente trovo che il book blogging sia di buon livello in Italia. Infine così come esistono gli Instapoets, che hanno grande seguito, esistono sempre più giovanissime star di Tik Tok (quasi sempre ragazze), che recensiscono libri in video di pochi secondi, attenendosi spesso a un semplice “mi piace” o “non mi piace”. In questi casi non esiste giudizio critico articolato, né competenza, ma solo una semplice espressione del proprio gusto personale. Oggi comunque le recensioni dei lettori acquisiscono sempre più rilevanza. Sempre più letterati sostengono che attualmente il canone non lo stabiliscono più i critici ma i le