Tra le opere teatrali che hanno sempre attratto la mia attenzione per il loro profondo significato, sicuramente La vida es sueño (La vita è sogno) dello scrittore spagnolo Pedro Calderon de la Barca (1600 – 1681) rientra tra queste. Pubblicata nel 1635, l’opera rappresenta il più importante esempio di teatro del periodo aureo spagnolo, che inizia nel 1500 e si sviluppa per tutto il 1600. In particolare, questo capolavoro letterario è incentrato su temi di profonda riflessione che pervadono l’animo umano. Esso infatti si presenta sotto forma di allegoria della condizione dell’esistenza umana e del mistero della vita che viene inquadrata come un sogno, un’illusione, qualcosa di inutile e privo di senso. L’opera teatrale, che è una delle più studiate e rappresentative opere di Calderon de la Barca, si sviluppa in tre atti avvincenti e carichi di pathos.
Basata sul contrasto tra libero arbitrio e destino, l’opera narra la storia dal principe polacco Sigismondo, imprigionato in una torre dal padre Basilio che aveva profetizzato che suo figlio sarebbe divenuto un principe crudele e sanguinario. L’opera teatrale si apre con la comparsa sulla scena di Rosaura, figlia di Clotaldo (guardia del re Basilio e tutore del principe Sigismondo), che vestita con abiti maschili incontra Clarino, un giullare, con il quale si reca alla torre dove è rinchiuso il principe. Una volta giunti presso la torre, illuminata da una debole luce, Rosaura e Clarino notano che Sigismondo è incatenato. Quest’ultimo, vedendosi arrivare i due intrusi, è infastidito dal fatto di essere stato colto di sorpresa e rivolgendosi a loro si lamenta del fatto che la sua unica colpa è stata quella di essere nato. A questo punto interviene Clotaldo che inizialmente non riconosce sua figlia Rosaura, dal momento che aveva abbandonato la moglie prima che la bambina nascesse, ma notando la spada della stessa Rosaura riconosce la figlia, poiché quell’arma gli apparteneva. Una volta riconosciuta la figlia, Clotaldo la conduce a corte insieme a Clarino. Intanto il re Basilio torna sui suoi passi e decide di dare l’opportunità a suo figlio di dimostrare che la profezia era infondata. Se suo figlio fosse divenuto un principe spietato, Astolfo duca di Moscovia e sua cugina Stella sarebbero divenuti re e regina, essendo nipoti del re Basilio.
All’inizio del secondo atto, Clotaldo, dopo aver somministrato un sonnifero a Sigismondo, lo conduce a corte e qui gli rivela che egli è il principe di Polonia ed erede al trono del re Basilio, provocando l’irritazione dello stesso Sigismondo in quanto era stato all’oscuro di tutto per lungo tempo. Dal momento che il figlio di re Basilio era infastidito da Clotaldo e allo stesso tempo affascinato dalla bellezza della principessa Stella, quando viene a sapere da un servo circa il fidanzamento tra Clotaldo e Stella, egli scatena tutta la sua rabbia contro il servo, gettandolo dal balcone. Quando il padre chiede al figlio spiegazioni circa il perché del gesto, il figlio gli fa sapere che lotterà contro tutti, dal momento che i suoi diritti gli erano stati negati per lungo tempo. Il secondo atto prosegue con Sigismondo che interrompe una conversazione tra Clarino e Rosaura, cercando di sedurre quest’ultima. Quando Clotaldo interviene per difendere la figlia, Sigismondo minaccia di ucciderlo puntandogli il pugnale. Proprio mentre Astolfo sopraggiunge per sfidare Sigismondo in duello, Basilio si appresta a sedare il figlio riportandolo in prigione. Qui Sigismondo riflette profondamente sul significato dei sogni e della realtà. E il secondo atto si chiude proprio con il famoso monologo di Sigismondo che è opportuno analizzare sul piano filosofico :
E’ realtà, e dunque reprimiamo questa fiera indole, questa furia, quest’ ambizione, perché, sì, forse stiamo sognando; e così faremo, poichè viviamo in un mondo talmente singolare, che vivere non è che sognare; e l’esperienza mi insegna che l’uomo che vive, sogna quel che è fin quando si desta.
Sogna il re di essere re, e vive con quest’inganno regnando, disponendo e governando; e l’applauso che riceve in prestito, sul vento lo scrive; e in cenere lo converte la morte (sventura suprema!): è possibile vi sia chi voglia regnare, visto che poi dovrà ridestarsi nel sogno della morte?
Sogna il ricco le sue ricchezze, che tanti grattacapi gli danno; sogna il povero di patire la sua miseria e povertà; sogna colui che a prosperare comincia, sogna chi s’affanna e anela, sogna chi insulta e offende, e al mondo, in conclusione, tutti sognano ciò che sono benché nessuno lo sappia.
Io sogno che me ne sto qui, di queste catene gravato, e sognai che in un altro stato ben più lusinghiero mi stavo.
Che cosa è la vita? Delirio. Che cosa è la vita? Illusione, un’ ombra è, una finzione, e il maggior dei beni è un’ inezia; tutta la vita è sogno, e i sogni non sono che sogni.
Da questo monologo emerge chiaramente l’idea che tutto ciò che ruota intorno alla vita è in realtà un sogno. La vita può presentare le sue sfaccettature più diversificate : essa può essere glorificata dal potere e dalla ricchezza così come può essere vissuta in povertà e prigionia. Ma anche quando si regna e si riceve gloria ed onori, questi sono tramutati nel nulla dalla morte. La riflessione sulla vita in quanto sogno va interpretata come un declassamento importante del significato della stessa vita che non è altro che illusione e finzione. La citazione “e al mondo, in conclusione, tutti sognano ciò che sono benchè nessuno lo sappia” sembra richiamare la citazione della Tempesta di William Shakespeare (1564 – 1616), in cui Prospero afferma : “Noi siamo fatti della medesima sostanza di cui sono fatti i sogni, e la nostra vita breve è circondata dal sonno”.
Nel mondo della cinematografia, nel film Matrix del 1999, il rapporto tra mondo onirico e mondo reale rappresenta uno dei suoi elementi suggestivi e che lo hanno reso celebre. In particolare, nel dialogo tra Morfeo e Neo, il primo spiega al secondo che non vi è alcuna differenza tra sogno e realtà:
Morfeo : Cos’è il reale? Come definisci il reale? Se tu parli di ciò che provi con i cinque sensi, ciò si tratta semplicemente di segnali elettrici interpretati dal tuo cervello.
Neo : Cosa stai cercando di dirmi? Che posso schivare i proiettili?
Morfeo : No, Neo. Sto solo cercando di dirti che quando sarai pronto non ne avrai bisogno.
Morfeo : Hai mai fatto un sogno tanto realistico da sembrarti vero? E se non fossi capace di svegliarti da un sogno così? Come potresti distinguere il mondo dei sogni da quello della realtà?
A proposito della futilità ed effimerità della vita, non posso non menzionare in questo articolo il poeta greco Pindaro (518 a. C. – 438 a.C.) e la sua famosa citazione : “L’uomo è il sogno di un’ombra. Siamo doppiamente inconsistenti, sia come sogno sia come ombra”. Con questa espressione, il poeta intende sottolineare il fatto che noi esseri umani siamo impalpabili, illusori e quindi della stessa consistenza di un sogno. Il concetto viene ulteriormente rimarcato ed iperbolicamente estremizzato e drammatizzato attraverso il termine epameroi (esseri della durata di un giorno). La definizione di ciò che noi siamo è resa problematica dalla consapevolezza che dopo la morte saremo polvere. Ciò richiama proprio parte del passaggio del monologo di Sigismondo già menzionato in precedenza a proposito della potenza annichilatrice della morte : “l’applauso che il re riceve la morte converte in cenere”.
Nel terzo e ultimo atto dell’opera teatrale, alla notizia che Astolfo e Stella sono stati designati come eredi al trono, il popolo insorge, liberando Sigismondo, il quale incontra Clotaldo e lo invita ad allearsi con lui nella lotta contro il re e gli eredi al trono. Ma avendo giurato fedeltà a Basilio, Clotaldo è costretto a declinare l’invito di Sigismondo. Quest’ultimo incontra poi Rosaura, la quale paragonandosi a Diana ed Atena, intende schierarsi a fianco di Sigismondo e combattere contro Astolfo, anche a costo di morire, dal momento che questi l’aveva abbandonato per sposare Stella. Nel corso della battaglia, i soldati alla guida di Sigismondo riescono a prevalere sugli uomini di Basilio che si prepara a fuggire con Astolfo e Clotaldo ma si imbatte nel figlio che lo sta per affrontare. Tuttavia, Sigismondo risparmia la vita al padre, dimostrando tutta la sua generosità e di fatto smentendo la profezia che presagiva un suo futuro da governatore violento e sanguinario. In virtù del suo gesto di generosità, il re Basilio proclama suo figlio erede al trono. Divenuto re, Sigismondo stabilisce che Astolfo debba sposare Rosaura per preservare l’onore di quest’ultima. Astolfo, inizialmente esitante, si convince ad accettare la decisione del nuovo re, nel momento in cui viene a sapere che Rosaura ha origini nobili, essendo figlia di Clotaldo. Sigismondo infine sposa Stella e vivrà la sua vita, osservando l’imperativo morale in base al quale, sia nella fase di sogno sia in quella di veglia, bisogna perseguire il bene.