La vita frenetica non sempre ci consente di apprezzare le mille sfaccettature della nostra città. Ci muoviamo all’interno di uno scenario da favola, che nel tempo ha subito molteplici mutazioni.
Spetterà al governo piemontese il compito di adeguare la scenografia barocca alle nuove esigenze di Roma capitale. In quest’ottica nasce Corso Vittorio Emanuele II, necessario per collegare il centro della città con i nuovi insediamenti al di là del Tevere. Il piccone si ferma davanti a Palazzo Massimo alle Colonne, anzi qui la strada si incurva leggermente proprio per rispettarne la facciata. Progettato nel 1532 dall’architetto Baldassarre Peruzzi, il palazzo sorge sui resti dell’Odeon di Diocleziano e la facciata curva riprende la pianta del vecchio edificio. Se ci fermiamo a guardarlo attentamente noteremo che è completamente diverso dai palazzi che lo circondano.
L’innovazione
Il Peruzzi utilizza gli elementi architettonici in modo completamente nuovo, intento a creare un edificio in grado di sottolineare l’importanza dei committenti che non si impongono per la mole del loro palazzo, bensì per la sua eleganza. Il portone è rientrato rispetto alla strada ed al suo posto spiccano sei colonne che formano una sorta di porticato. L’intero palazzo si presenta come un blocco unico scandito da tre serie di finestre. Le prime, più grandi, sono sormontate da mensole, solitamente usate come davanzali. Quelle più piccole, simili a quelle dei mezzanini, sono decorate con eleganti cornici che le fanno rassomigliare ad oggetti d’arredamento. Chiude il tutto una elegantissima cornice con rosoni che non appesantisce la costruzione.
Questo modo di lavorare in passato fu etichettato col termine dispregiativo di Manierismo, usato per indicare artisti incapaci di eguagliare i grandi maestri. Oggi invece il termine ha perso la sua accezione negativa e le opere manieriste sono state ampiamente rivalutate. In un’epoca dove l’originalità è costantemente ricercata non possiamo che apprezzare l’ingegno del Peruzzi.
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